La memoria di un giorno
parte terza
Erano i miei primi anni dell’Università. Erano anni d’impegno politico. Erano anni in cui non credevi ci fosse altra soluzione che la rivoluzione per sentirsi parte del cambiamento del mondo. Era il 1977. Era una mattina di fine novembre, ed eravamo io, e i miei compagni di corso Gianluca Fornasari, Patrizio Cera e la sua ragazza Olga Viarengo, facevamo parte di una cellula studentesca di un organizzazione che si chiamava “Popolo Operaio per la Rivoluzione”, ora viene da sorridere sapendo che nessuno di noi era mai stato in una fabbrica, né ci avrebbe mai messo piede neanche in seguito. Eravamo figli della medio – buona borghesia, ascoltavamo gli Area e leggevamo giornalini ciclostilati con poesie e fumetti suburbani, partecipavamo alle assemblee politiche nelle aule dell’Università, fummo avvicinati da alcuni attivisti di questo movimento della galassia extraparlamentare, venivano da Milano, si dicevano leninisti e vicini alle esperienze vietnamite, dichiarazioni come tante se ne sentivano in quegli anni. Facevamo volantinaggi davanti all’Università e a fabbriche durante i cambi turni, ci davano da leggere opuscoli sui piani quinquennali in Unione Sovietica, organizzavamo, in cantine di case si alcuni di noi, proiezioni di documentari in super 8 girati a Parigi durante il maggio francese del ‘68, a cui seguivano riunioni e discussioni sul livello di autonomia dell’agire politico del nostro gruppo di fronte al crescente movimento rivoluzionario. Ma la mattina del 16 novembre le Brigate Rosse spararono quattro colpi di pistola contro il vicedirettore de “La Stampa” Carlo Casalegno, che morirà dodici giorni dopo. Il clima già teso si fece tesissimo. Anche per il nostro sparuto gruppo. Quella mattina eravamo alla stazione di Porta Nuova che distribuivamo volantini in cui denunciavamo che la morte in carcere, in Germania, dei componenti della “Rote Armee Fraktion” fossero in verità omicidi camuffati da suicidi. Una cosa già fatta e rifatta. Cominciava anche ad essere noioso, ero anche più tediato dei pendolari che incrociavo davanti ai binari e a cui tendevo indolente ed infreddolito il foglio ciclostilato. Ad un certo punto fui scosso da alcune urle alle mie spalle, mi girai e vidi Patrizio Cera avvinghiato furiosamente ad un ferroviere, mentre Olga era per terra tra i fogli sparsi, che si teneva la bocca che sanguinava copiosamente; io e Gianluca ci catapultammo sui due per dividerli, quando il ferroviere si liberò dalla morsa di Patrizio notai che portava sul bavero una spillina del Movimento Sociale, capii allora che fosse una trappola ed infatti dopo brevissimi attimi arrivarono gli agenti della Polizia Ferroviaria che ci ammanettarono rapidamente e ci portarono fuori dalla stazione dal lato di Via Sacchi, ci fecero sedere per terra, Olga piangeva e il sangue stava inzuppandogli la sciarpa giallognola che portava al collo, avevo Patrizio accanto che respirava torbido come un toro pronto alla carica, gli chiesi:
- Ma che cazzo stavi combinando?
Lui mi guardò imbufalito e rispose che era intervenuto a difendere Olga su cui si era avventato quel ferroviere fascista.
Dopo una mezz’ora arrivò un cellulare dove fummo caricati senza buone maniere e portati in questura, lì fummo accusati di aver malmenato noi quel ferroviere, e di aver distribuito materiale insurrezionalista. Il poliziotto che c’interrogava, uno a uno a turno, era un uomo sui quarant’anni, con i capelli radi ed un completo beige. Aveva una voce roca e ci trattava come bambini viziati a cui piace giocare con le idee e gli slogan. Mentre m’interrogava entrò un agente che lo apostrofò dicendogli:
- Ispettore Jona, le vuole parlare il commissario Grandis.
- Sto interrogando, arrivo tra un quarto d’ora.
- Ma il commissario…
- Aspetterà un quarto d’ora!
- Allora io….
- Le dica quel che vuole.
- Va bene ispettore Jona.
Ispettore Emilio Jona. Avrebbe dovuto dirmi qualcosa quel nome. Passammo tre giorni alle Carceri Nuove, senza sapere quello che ci sarebbe capitato. Intanto “La Stampa” puntava il dito su di noi come emuli degli assassini di Casalegno. Poi ci riportarono di nuovo in questura ed io mi ritrovai un'altra volta davanti Jona. Questa volta aveva un’aria che trovai stranamente rilassata. Mi fece sedere davanti alla sua scrivania, eravamo soli, mi guardò profondamente, poi accese una sigaretta e mi disse:
- Ho parlato con tua madre.
Fui colto da sgomento. Cosa centrava mia madre? Avevano forse interrogato anche lei, la credevano una fiancheggiatrice delle BR? Magari con mio padre bancario e i miei fratelli studenti delle superiori? Lui colse il mio silenzio come un’espressione di smarrimento, e mi disse:
- Conosco bene tua madre e tua nonna Miriam Levi. Sono tornati da Auschwitz insieme a mio padre e mia zio. Hanno diviso insieme il viaggio di ritorno. Fino a che tua madre non si sposò ci facevamo visita piuttosto regolarmente.
Io non riuscii che a rispondere che con un banale e striminzito:
- Ah sì… certo.
Mi ricordai che mia nonna parlava spesso di un tale Beniamino Jona che la veniva spesso a trovare, lo descriveva come un imperterrito scapolo, molto audace, ma era chiaro che nonostante si prendesse in giro per non essere più giovane ne era lusingata dal corteggio. Forse era lo zio dell’ispettore, che mi disse:
- Tua madre è stata molto convincente. Mi ha cercato, dice che sei un bravo ragazzo, che ti sei solo fatto un po’ distrarre dal clima che c’è…lo so, lo so… Siete solo dei piccoli animali acquatici che non si accorgono di nuotare accanto a dei pescecani cento volte più grossi di loro.
- Quindi ci libererete? – azzardai io.
- Al tempo! – mi mortificò Jona – non prima che tu ci dica un paio di cose.
- Io?
- Certo, conosci o non conosci Luigi Bosio?
Lo conoscevo, eccome. Era il responsabile di un gruppuscolo di studenti e lavoratori, più grandi, che partecipavano di tanto in tanto alle nostre riunioni. Facevano discorsi molto spinti, dicevano che avremmo dovuto prendere contatti con Prima Linea, noi tendevamo a isolarli nelle discussioni.
- Ma che volete sapere?
- Voglio sapere i suoi contatti, da chi è formato il suo nucleo, nomi ed indirizzi.
La spia. Ecco quello che avrei dovuto fare. Qualche nome ed indirizzo lo sapevo, ma mi vergognavo ad aprire bocca.
- Ma perché dovrei dirveli io?
- Mi sembri più sveglio dei tuoi amici. Ed anche quello più stanco di fare volantinaggi e guardare qualche filmaccio sulla vita di Ho-Chi-Min, vero? A te magari piacerebbe passare qualche serata in compagnia di qualche tua compagna di corso, andare ballare con tuoi amici, ti capisco sai…
Ci vedeva giusto. Cercavo di guardare altrove.
- Ma chi mi dice che poi ci liberete senza che niente fosse?
- Una scazzottata tra voi ed un ferroviere fascista? Due volantini? Se collabori stasera dormi nella tua cameretta e ti fai dare il bacio della buona notte da tua madre, il ferroviere non ha ancora sporto denuncia.
- Beh, allora che rischierei io?
- Ho detto che il ferroviere non ha “ancora” fatto denuncia…. E magari potrebbe saltare fuori un bel coltello, ne abbiamo giusto trovato uno vicino al binario dove eravate a fare volantinaggio. Finche non capiamo come c’è finito lì magari ci mettiamo giorni, mesi, e non possiamo mica lasciarvi andare troppo in giro. Mi pare che la tua amica Olga patisca particolarmente la cella, sai che non ha mai chiuso occhio finora? Piange, piange e piange…
Lo guardai qualche minuto, lui mi aspettò paziente. Gli dissi quello che voleva sapere.
Emilio Jona segnò nomi ed indirizzi su un foglietto, poi disse:
- Avevo promesso a tua madre che col mio interessamento saresti uscito subito.
E così la sera mi ritrovai a casa mia, con i miei genitori ed i miei fratelli intorno alla tavola. C’era il polpettone e mia madre ripeteva:
- Proprio una brava persona, quell’Emilio Jona, proprio una brava persona.
Quattro anni fa mi capitò di leggere sul giornale che un funzionario di polizia era stato arrestato per sfruttamento della prostituzione ad Ancona. Era Emilio Jona.
- Ma che cazzo stavi combinando?
Lui mi guardò imbufalito e rispose che era intervenuto a difendere Olga su cui si era avventato quel ferroviere fascista.
Dopo una mezz’ora arrivò un cellulare dove fummo caricati senza buone maniere e portati in questura, lì fummo accusati di aver malmenato noi quel ferroviere, e di aver distribuito materiale insurrezionalista. Il poliziotto che c’interrogava, uno a uno a turno, era un uomo sui quarant’anni, con i capelli radi ed un completo beige. Aveva una voce roca e ci trattava come bambini viziati a cui piace giocare con le idee e gli slogan. Mentre m’interrogava entrò un agente che lo apostrofò dicendogli:
- Ispettore Jona, le vuole parlare il commissario Grandis.
- Sto interrogando, arrivo tra un quarto d’ora.
- Ma il commissario…
- Aspetterà un quarto d’ora!
- Allora io….
- Le dica quel che vuole.
- Va bene ispettore Jona.
Ispettore Emilio Jona. Avrebbe dovuto dirmi qualcosa quel nome. Passammo tre giorni alle Carceri Nuove, senza sapere quello che ci sarebbe capitato. Intanto “La Stampa” puntava il dito su di noi come emuli degli assassini di Casalegno. Poi ci riportarono di nuovo in questura ed io mi ritrovai un'altra volta davanti Jona. Questa volta aveva un’aria che trovai stranamente rilassata. Mi fece sedere davanti alla sua scrivania, eravamo soli, mi guardò profondamente, poi accese una sigaretta e mi disse:
- Ho parlato con tua madre.
Fui colto da sgomento. Cosa centrava mia madre? Avevano forse interrogato anche lei, la credevano una fiancheggiatrice delle BR? Magari con mio padre bancario e i miei fratelli studenti delle superiori? Lui colse il mio silenzio come un’espressione di smarrimento, e mi disse:
- Conosco bene tua madre e tua nonna Miriam Levi. Sono tornati da Auschwitz insieme a mio padre e mia zio. Hanno diviso insieme il viaggio di ritorno. Fino a che tua madre non si sposò ci facevamo visita piuttosto regolarmente.
Io non riuscii che a rispondere che con un banale e striminzito:
- Ah sì… certo.
Mi ricordai che mia nonna parlava spesso di un tale Beniamino Jona che la veniva spesso a trovare, lo descriveva come un imperterrito scapolo, molto audace, ma era chiaro che nonostante si prendesse in giro per non essere più giovane ne era lusingata dal corteggio. Forse era lo zio dell’ispettore, che mi disse:
- Tua madre è stata molto convincente. Mi ha cercato, dice che sei un bravo ragazzo, che ti sei solo fatto un po’ distrarre dal clima che c’è…lo so, lo so… Siete solo dei piccoli animali acquatici che non si accorgono di nuotare accanto a dei pescecani cento volte più grossi di loro.
- Quindi ci libererete? – azzardai io.
- Al tempo! – mi mortificò Jona – non prima che tu ci dica un paio di cose.
- Io?
- Certo, conosci o non conosci Luigi Bosio?
Lo conoscevo, eccome. Era il responsabile di un gruppuscolo di studenti e lavoratori, più grandi, che partecipavano di tanto in tanto alle nostre riunioni. Facevano discorsi molto spinti, dicevano che avremmo dovuto prendere contatti con Prima Linea, noi tendevamo a isolarli nelle discussioni.
- Ma che volete sapere?
- Voglio sapere i suoi contatti, da chi è formato il suo nucleo, nomi ed indirizzi.
La spia. Ecco quello che avrei dovuto fare. Qualche nome ed indirizzo lo sapevo, ma mi vergognavo ad aprire bocca.
- Ma perché dovrei dirveli io?
- Mi sembri più sveglio dei tuoi amici. Ed anche quello più stanco di fare volantinaggi e guardare qualche filmaccio sulla vita di Ho-Chi-Min, vero? A te magari piacerebbe passare qualche serata in compagnia di qualche tua compagna di corso, andare ballare con tuoi amici, ti capisco sai…
Ci vedeva giusto. Cercavo di guardare altrove.
- Ma chi mi dice che poi ci liberete senza che niente fosse?
- Una scazzottata tra voi ed un ferroviere fascista? Due volantini? Se collabori stasera dormi nella tua cameretta e ti fai dare il bacio della buona notte da tua madre, il ferroviere non ha ancora sporto denuncia.
- Beh, allora che rischierei io?
- Ho detto che il ferroviere non ha “ancora” fatto denuncia…. E magari potrebbe saltare fuori un bel coltello, ne abbiamo giusto trovato uno vicino al binario dove eravate a fare volantinaggio. Finche non capiamo come c’è finito lì magari ci mettiamo giorni, mesi, e non possiamo mica lasciarvi andare troppo in giro. Mi pare che la tua amica Olga patisca particolarmente la cella, sai che non ha mai chiuso occhio finora? Piange, piange e piange…
Lo guardai qualche minuto, lui mi aspettò paziente. Gli dissi quello che voleva sapere.
Emilio Jona segnò nomi ed indirizzi su un foglietto, poi disse:
- Avevo promesso a tua madre che col mio interessamento saresti uscito subito.
E così la sera mi ritrovai a casa mia, con i miei genitori ed i miei fratelli intorno alla tavola. C’era il polpettone e mia madre ripeteva:
- Proprio una brava persona, quell’Emilio Jona, proprio una brava persona.
Quattro anni fa mi capitò di leggere sul giornale che un funzionario di polizia era stato arrestato per sfruttamento della prostituzione ad Ancona. Era Emilio Jona.
12 commenti:
ciao....interessante quel posto...quando uscirà il libro cercherò di fartelo avere...e poi vedremo...non si sa mai.......speriamo bhene...io ho sempre in testa di provare a trasferirmi a torino...
and
www.wrong-.splinder.com
Caro And sarà bello provare ad aiutarti!!!
Più va avanti più aspetto con ansia le prossime parti..
Davvero bravo.
molto, molto bello...
starfix.splinder.com
c'è un libro uscito recentemente che racconta gli anni 70 a Torino, scritto da qualcuno che dovrebbe avere circa la tua età. Si intitola "piove all'insù" di Luca Rastello.
Conosci?
Starfix
Bello. Bello e interessante
X Marea: grazie, vedrò di postare per il finesettimana un'altra puntata.
X Starfix: non conosco Rastello, ma se è un buon libro vedrò di procurarmelo, perchè conoscere autori nuovi m'interessa, se no fra un po' finisco le produzioni di Benni, Izzo, Comencini, ecc... senza che abbia un'alternativa...
X Effimeramente: che cos'è che trovi interessante?
me lo ricordo il 77 a Torino..freqientavo la prima superiore
facevo Torino Rivoli
i manifesti contro la repressione in Germania (RAF)
la morte di un ragazzo dentro un cesso perchè avevano battato una molotov
la morte di un ragazzo dellle Br
giovanissimo che abitava a Collegno
robibandito
trovo interessante il resoconto di vita vissuta. Son cose che io al massimo vedo nei documentari alla TV :)
credevo di averti scritto una mail ma forse no, in merito al lavoro sociale: sono nel campo, magari posso esserti utile...
cmq complimenti per il racconto :)
DINAMITARDA
X Robibandito: io di quegli anni ricordo ben poco, avevo 2 anni, quando ne avevo 4, ed era il '79, mi ricordo però di carcasse di auto bruciate comparire lungo i marciapiedi....
X Effimeramente: qualche documentario è fatto bene, altri sono davvero di basso profilo, "Blu Notte" è fatto bene ad esempio
X Dinamitarda: grazie per i complimenti, comunque non ho ricevuto nessuna mail, aspetterò...
è sul tuo account di splinder...non hai un account su splinder? perchè me lo dava come inviato
dinamitarda
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