24 dicembre 2007

Buon Natale a chi…



Buon natale a chi mangia il panettone con i parenti e a chi ingoia rabbia in cerca di un lavoro.
Buon natale a chi scarta i regali sotto l’albero agghindato e a chi sbanda col tir in autostrada dopo ore di viaggio.
Buon natale a chi brinda con lo spumante nei bicchieri lindi e a chi beve la medicina per il fegato malato.
Buon natale a chi parte in viaggio in Egitto e a chi varca l’entrata di un carcere per un fine pena mai.
Buon natale a chi telefona ai lontani parenti per gli auguri e a chi chiama l’infermiera negli ospizi per farsi cambiare la biancheria sporca.
Buon natale a chi va a messa con il vestito elegante e a chi va a chiedere l’elemosina agl’incroci con la stessa tuta di sempre.
Buon natale a chi fa scoppiare i petardi nelle vie e a chi fa andare a pezzi l’economia del paese.
Buon natale a chi mette il muschio nel presepe e a chi si infila l’eroina nelle vene.
Buon natale a chi canta i canti festosi davanti al camino crepitante e a chi brucia nelle fabbriche con gli estintori vuoti.
Buon natale a chi fa camminate nei sentieri innevati di montagna e a chi passeggia nei viali per prostituirsi.
Buon natale a chi accarezza i figli che recitano poesie davanti ai nonni e a chi si picchia per litigi coniugali.
Buon natale a chi dice che bisogna essere più buoni e a chi urla silenziosamente la propria solitudine.
Buon natale a chi scrive la letterina a bambin gesù e a chi compila una lettera d’addio a questo mondo crudele.
Buon natale a chi guarda in tv le zuffe di Asterix e a chi vive sulla sua pelle i lutti della guerra.
Buon natale a chi passa di qua e a chi mi manca tanto.

19 dicembre 2007

M M




Tu Cavaliere di Gran Croce che amasti le ragazze di Piazza di Spagna,
raccontami una giornata particolare da accanito fumatore,
narrami le cronache di poveri amanti che vedesti dal tuo appartamento parigino,
non tacciarmi niente sennò pagherai penale di cento milioni,
mica mi spavento dei tuoi “tutto esaurito” all’urlo graffiante di “Ciao Rudy!”.
Ma mi burli col sorriso di bell’Antonio e mi esponi un fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova, si sospettano moventi politici.
Deh! Mi manchi da tanto sai… sei pur sempre l’uomo dei cinque palloni che mi teneva sveglio la sera, a capire dove andassero a finire le tue storie.
Neanche fossi una donna della domenica che mi accarezza sussurrandomi: Ciao Maschio.
Sei stato tre vite e una sola morte.
Per questo ti ricorderò sempre e ti rincuoro vecchio amico: stanno tutti bene.

13 dicembre 2007

Cosa vuol dire giustizia?




Ho appena finito di giocare con Bernie.
Gli tiravo un osso fatto di corda intrecciata, lui me lo riportava ed io glielo rilanciavo per la stanza, ci saltavamo addosso reciprocamente, ci mordevamo orecchie, mani, collo; allo stereo la musica era a volume sostenuto e ci esaltava. Verdena.
Avevamo bisogno di fisicità. Ho smesso quando mi sono sentito sudato e la casa mi sembrava eccessivamente calda attorno a me. Solo allora mi sono accorto dei graffi che Bernie mi aveva fatto sulle mani, leggere striature rosse che bruciavano appena un po’ a contatto con il sudore… ne ero contento davvero.
Mi sono cambiato e gli ho preparato la ciotola con le crocchette, il riso soffiato e i cereali. Io credo che non mangerò stasera.
Poi mi sono visto allo specchio e mi sono trovato bello con la mia barba lunga di un mese scarso.
Proprio bello.
L’unica cosa bella della giornata.
Oggi ci sono stati i funerali dei quattro ragazzi morti alla ThyssenKrupp.
Una folla ha invaso lo stretto sagrato del Duomo di Torino.
Tanti, troppi curiosi solo lì per farsi inquadrare dalle tv nazionali.
Tanti, troppi politici in chiesa, perché non esserci sembrava brutto. Erano gli unici che si sorridevano. Cazzo si sorridevano?
Le parole del vescovo non mi hanno consolato. Figurati se il suo brodino buonista può consigliare a fare giustizia.
E poi cosa vuol dire giustizia?
Una multa ai proprietari della fabbrica? Una pena detentiva per omicidio colposo? Ma dai.. persino nell’indulto hanno ficcato questi reati…
E poi io al carcere non credo. Non credo alla sua valenza come luogo di rieducazione.
Crederei semmai alla giustizia sociale che fa sì che se un padrone è responsabile della morte dei suoi lavoratori, venga espropriato delle sue proprietà, e che diventi lui/loro dipendente/i di una fabbrica, che si facciano loro i tre turni, lavorino loro senza apparati di sicurezza, lavorino loro con un contratto che oggi ti tiene occupato ma domani chissà, lavorino loro con la strizza che il loro stabilimento sia delocalizzato dall’altro capo del continente, lavorino loro per uno stipendio che a stento ti fa arrivare alla quarta settimana (se ti riesce…), che sentano loro i polmoni fargli male dopo 10 ore di turno in una linea di produzione in cui si sta a contatto con vernici e solventi, che arrivino loro a casa stanchi e alienati, insofferenti ai loro cari, delusi da cosa sono diventati, piuttosto di cosa avrebbero voluto essere.
Lavorino loro. Con i loro metodi di proprietari.
Sentano sulla loro pelle che cosa è il capitalismo per chi sta dalla parte sbagliata del confronto.
E poi mi dicano che cos’è la giustizia.

07 dicembre 2007

Di che si cibano i padroni?



La fabbrica “Thissenkrupp – acciaierie Terni” si trova di fronte al parco della Pellerina, al fondo di corso Regina Margherita, una lunga via di scorrimento di Torino che taglia in due la città, dai piedi della ricca ed aristocratica collina, attraversa il centro e si spegne alla periferia est della città, nei pressi del quartiere polare delle Vallette.
Credo di esserci passato almeno un centinaio di volte nella mia vita da lì davanti, forse di più, molte di più.
In entrata o in uscita dalla vicina tangenziale, o per raggiungere paesi contigui come Collegno o altre strade principali come Corso Marche.
La fabbrica “Thissenkrupp – acciaierie Terni” è uno stabilimento grande, non come Fiat Mirafiori o la Pirelli di Settimo Torinese, ma decisamente visibile. Ha una storia importante e controversa, sta lì a testimoniare di una crescita economica della città che ora sembra lontana un millennio, non mezzo secolo.
Da l’altro ieri notte è un luogo di morte.
Antonio Schiavone, 36 anni, tre figli piccoli di cui uno appena arrivato. Lavorava da 12 ore quando questa notte un getto di olio bollente lo ha travolto nello stabilimento. Con lui altri 6 lavoratori sono stati coinvolti; ed oggi sono morti Angelo Laurino, 43 anni, e Roberto Scola, 32 anni, gli altri tre lottano in queste ore contro la morte dopo aver combattuto per mesi contro la chiusura della loro azienda. Al momento non una riga non una frase da parte dei vertici della Thyssen, già condannati in passato per un altro incendio scoppiato all'interno di uno stabilimento.Idranti non funzionanti, estintori vuoti, macchinari vecchi e turni massacranti; nelle facce dei tanti giovani presenti da questa mattina davanti ai cancelli solo rabbia e dolore e un senso di impotenza dopo mesi di battaglie e denunce per far emergere i pericoli e i rischi di un luogo di lavoro PRECARIO.
Esternalizzazioni, delocalizzazioni, precarietà, orari, tempi, organizzazione del lavoro, sono alcune delle cause delle stragi quotidiane che fanno tornare indietro nel tempo questo Paese, a prima che le lotte del Movimento Operaio imponessero le misure di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro e di rifiuto della monetizzazione del rischio.
Le Leggi non bastano: è di 13 anni vecchio il DLgs 626/94, normativa avanzata in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ma ancora oggi disattesa e inapplicata; è nuova, dell’agosto di questo anno la Legge 123 “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto della normativa in materia”, ma dovranno essere emanati alcuni decreti legislativi attuativi prima che essa sia fattilmente applicabile.
Tutto ciò mentre il senato ieri sera approva tra polemiche il “pacchetto sicurezza”, che non riguarderà la salvaguardia dei lavoratori, ma bensì cercherà di dare il contentino richiesto dai sindaci securitari di questo paese, che puntano la loro rielezione allontanando i cittadini meno gradevoli piuttosto che rendere possibile l’eguaglianza sociale di tutte/i.
Spalleggiati anche da personaggi come il capo di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo che ricevendo a pranzo ieri Casini e Fini traccia il futuro del paese, fatto di bieco neoliberismo, in stile “sistema” camorristico (di quello è esperto l’Udc di Casini), con piglio di ferro antisindacale (nella tradizione missina di Fini). Mentre ironizza sulla sinistra, che secondo il fighetto Montezemolo, ha una concezione dell’economia di stile medioevale. Detto dal capo della borghesia più assistenzialista del mondo fa capire che aria tira per i lavoratori.
Un pranzo da Montezemolo… ma di che si sono cibati? Ma ovviamente delle morti sui luoghi di lavoro! E l’economia s’impenna!