30 novembre 2006

News and Flash

Una buona notizia per incominciare! Sono in ferie!
E pure per tutto dicembre, salvo sorprese!
30 giorni di ferie arretrate da spendere tra montaggio di lampadari a casa, letture dei libri, ricerca dei regali di Natale per la famiglia, viaggio a Taranto per abbracciare mia madre che non vedo da Settembre (e lì mi curerò a focacce, spaghetti alle vongole, scamorze e tarallini), disintossicamento da cooperativa, e se mi riesce mi piacerebbe anche fare un figlio…
Domenica andrò allo stadio per festeggiare i 100 anni del mio Toro, la mia squadra del cuore, che tra l’altro è coetaneo di mia nonna materna, sappiate che vi resoconterò implacabilmente domenica sera su festeggiamenti e partita, mettetevi il cuore in pace…
E mentre sto sorseggiando un soave mirto vi mando il mio commento su qualche notizia di attualità.
Pare che il viaggio del Papa in Turchia stia andando benone, Soul Out in tutte le date del mini-tour! Tra l’altro fino ad adesso i Lupi Grigi non si son fatti vedere troppo in giro, e quindi tutti si sentono rilassati e il buon Ratzinger ha deciso di levarsi almeno uno tra i 12 giubbotti antiproiettile che si sta portando addosso, la precauzione non è mai troppa, e poi tenendo conto che suda come una mucca nel deserto magari viene male in foto, in compenso sta dimagrendo e così può entrare nei vestiti di Woijtila quando torna a Roma.
Il ministro Turco ha un diavolo per capello! Ieri l’ala riformista dell’Unione ha votato un O.d.g. della Casa delle Libertà, in commissione sanità del senato, che rimette in discussione il raddoppio della dose massima di possesso di marijuana proposta dal ministro della salute che intendeva così ricollocare il cuore della legge Fini-Giovanardi sulle droghe. Si ripartirà da zero da una verifica di maggioranza sul programma (sapete quel libretto sventolato da Prodi in campagna elettorale e poi ritrovato nel cassonetto dei rifiuti di Rutelli?), ma una volta tanto mi permetto solidarizzare con la Turco, io ci speravo eccome nel raddoppio della quantità, avevo pure ottenuto dall’amministratore di condominio la duplicazione del mio balcone…..
Siete pronti? Avete preparato trombette, coriandoli, tricchetracche, ricchi premi e cotillons? Come dite? A Capodanno manca ancora un mese? E che c’entra capodanno? Io mi riferisco alla manifestazione del Polo contro la finanziaria che si terrà dopodomani a Roma, dico ci sarà da divertirci! Tutti in piazza a braccetto con il cavaliere a sentire le sue barzellette sporche imparate dai portantini dell’ospedale milanese in cui è stato ricoverato in questi trepidanti giorni, dai non perdere l’occasione. Unico neo la paura dei commercianti lungo il tragitto della manifestazione, ma non per paura delle vetrine rotte dagli scontri tra contestatori noglobal e la polizia, temono molto di più gli espropri borghesi della Santanchè e della Carlucci (il loro motto è “credere, obbedire ed indossare!”).

28 novembre 2006

La Storia
Nato nella calorosa ombra
di una grazia ricevuta
desiderata, ma non richiesta.
E cresciuto nell’assenza
di vizi e soddisfazione
ma tra
l’onestà e le insicurezze.
Con brevi filmati
(non rimasti a nessun altro)
che scorrono sugli occhi
assieme ad essenziali sensazioni
nei polmoni e sulla pelle.
Poi lo scoprire di un fitto vociare
e di risate, rumori suoni, squilli di telefono e
campanelli
la festa di un’età che ti rincorre
mentre giochi a diventare un uomo
e tra cento facce e le loro cento voci
sapere che solo con altri due
ti potrai coprire le spalle
dai fulmini che non aspettano che
diventi invulnerabile ad inevitabili addii e arrivederci.
Adesso che le ossa han terminato di crescere,
la pelle si è scurita,
la barba è ormai dura da anni
vedi le ore passare otto per volta al giorno.
E pensi che l’inferno non esista
perché Dio non si può separare dai suoi figli
così che senti che chi è partito
tornerà a ridarti quell’anello che gli affidasti per compagnia
un sospiro sostituisce lacrime che non scendono.
E, io so, tu sai
l’amore va, viene, esce improvvisamente dalla porta
da cui era entrata
ti lascia con la vista del soffitto bianco
in una serata senza temperatura.

24 novembre 2006

E la chiamano democrazia…

Ieri sono rimasto particolarmente turbato dalla notizia della serie di attentati avvenuti a Sadr City, il noto “sobborgo” sciita di Baghdad (che tanto piccolo non è visto che conta 2 milioni di abitanti, più del doppio della mia città), e che sono costati la vita a 157 persone. A commettere il massacro sarebbero stati i Sunniti, l’etnia una volta al potere con Saddam.
Io non so voi, ma a casa mia questa si chiama guerra. Guerra civile per la precisione.
Da fonti ben informate apprendo che il tutto è iniziato nel marzo 2003, quando le truppe anglo-americane, supportate da contigenti di altre nazionalità come la Spagna, l’Italia, l’Australia, hanno invaso l’Iraq, dopo aver fatto le prove generali in Afghanistan l’anno prima.
L’obiettivo era sovvertire il regime terroristico di Saddam Hussein, trovare le armi di distruzione di massa in mano agli Iracheni che avrebbero terrorizzato il mondo civile ed occidentale, smantellare la rete terroristica di Al-Quaeda complice di Saddam ed esportare la gioiosa e salutare democrazia cristiano-giudaica, progenitrice delle sovranità popolari Europee e Americane.
Ora dopo alcuni anni di occupazione nel paese, l’istituzione di un governo fantoccio, diverse migliaia di morti nelle forze militari “democratiche” e diversi milioni di “inopinati” decessi nella popolazione civile, l’istituzione di un codice giuridico fondato sull’Islam più arcaico, per i due capi di Stato di Usa e Gran Bretagna, il duo Bush&Blair, cominciano a scricchiolare le sedie sotto il culo (perdonate il neologismo), e gli iracheni si ritrovano ridotti alla fame e alquanto “terrorizzati”, mentre le armi di distruzione di massa si sono rivelati una ventina di tubi di acciaio arrugginiti dimenticati in un hangar.
Certo i soldati a stelle e strisce hanno catturato Saddam, non prima di aver assassinato quei parenti (i due figli) a cui lui stesso Rais non aveva fatto in tempo a spedire al creatore, destino a cui lui stesso sembra destinato visto l’esito del processo tenuto a suo carico. Ovviamente Saddam meritava un giusto procedimento giudiziario, visto che ha gasato il suo migliaio di curdi, ridotto al silenzio l’etnia sciita, mercanteggiato in armi (ma di piccola e media taglia), invaso un paese sovrano (il Kuwait) e commesso diverse altre porcate. Ma che serve ucciderlo? Non a molto visto che non sarà più in grado di prendere il potere, ma ad alimentare la spirale guerra-terrorismo quello sì. Pare che il ricorso alla condanna a morte, abolita in Europa a partire dalla fine dell’800 con un lungo processo completatasi dopo la II guerra mondiale, sia ancora un assunto valido nell’esportazione della democrazia dal blocco occidentale. Strana contraddizione. Anche perché i curdi sono perseguitati pesantemente anche in altri paesi come la Turchia, a cui però ci si prepara ad accogliere (anche se non proprio col tappeto rosso) nella Comunità Europea, e non si pensa neppure a chiedere un processo a Erdogan e compagnia bella per genocidio.
Così va il mondo amici. Ognuno ha la democrazia che merita. Difficile dire chi può insegnarla all’altro, da noi ci pensa una classe politica divisa tra chi broglia le elezioni e manco riesce a vincerle e chi scrive una finanziaria facendosela dettare da Montezemolo.
Proprio nelle buone mani direi.

21 novembre 2006

PiomboTorino

Pochi e rapidi pensieri dedicati ad una mattinata, quella di stamattina, in cui l’impatto con la vita e la città si presentava grigia ed umida.
Torino in versione autunno-inverno è così.
Pensate ad un risveglio dilatato per un buon quarto d’ora, pensate al silenzio di un appartamento immerso nella penombra, pensate a gesti sfumati che vanno alla ricerca di mutande e calze nel cassetto vicino al letto, pensate a quelle movenze meccaniche che compi in bagno che durano per enigmatici minuti, in cui tu perdi la lucidità psicofisica, trovandoti, al fine, inopinabilmente, vestito in modo pesante, con un gusto di menta e caffèlatte nella bocca e il mazzo di chiavi della macchina e di casa infilato nella tasca sinistra dei jeans. Ti poni la domanda: e adesso che faccio combinato in questo modo? Semplice: scendi di casa e vai a lavorare.
E fin qui niente di nuovo per nessuno vero?
Ma provate a scendere per strada e trovarvi alla periferia Nord-Ovest di Torino.
Esiste una sensazione visiva e olfattiva che ti suggerisce la presenza intorno a te di piombo.
E poi chiudono il centro alle macchine inquinanti! Ma i polmoni della maggior parte dei cittadini, magari a reddito basso o medio-basso, contano meno delle aristocratiche superfici dei monumenti o delle facciate di palazzi e chiese?
E allora come puoi sentirti bene sotto questo cielo plumbeo e in mezzo a questo effluvio di industria metalmeccanica? Bene come stare al mare. Bene come l’ultimo giorno di scuola. Bene come fare l’amore. Bene come ad una manifestazione pacifista a Roma il giorno di S.Valentino di qualche anno fa. Bene come dopo un derby vinto contro la Juve (lo so, è passato davvero tanto tempo…). Bene come quando si sta intorno ad una birra insieme ai tuoi migliori amici. Bene come dopo un primo bacio. Bene come quando leggi un libro che tu pensi sia stupendo. Bene come quando un bambino di pochi giorni ti scruta curioso e sicuro mentre sta tra le tue braccia.
No. Non ci si riesce. E allora ti capita di essere un po’ triste e malinconico.
Fino a quando decidi di avere pazienza di aspettare. Aspettare che arrivi il tempo delle vacanze, di vedere la persona che ami, di vedere la tua squadra del cuore diventare davvero più forte degli odiati cugini (anche solo per una domenica), di festeggiare la fine di una guerra, di darti un appuntamento con i quelle persone che non ti tradiranno mai, di aprire quel libro che tanto t’incuriosiva e che hai comprato da Feltrinelli, di tornare da Luciano&Michi per vedere quanto è cresciuto Simone….

Gli uomini che hanno una tempestosa vita interiore e non cercano sfogo o nei discorsi o nella scrittura, sono semplicemente uomini che non hanno una tempestosa vita interiore
(Cesare Pavese)

17 novembre 2006

Memorie da una manifestazione

Oggi quando sono arrivato in piazza Albarello vedo una folta schiera di ragazzini intorno ad un paio di camion che faranno da sound system, dagli altoparlanti si sentono già le note dei Punkreas che cantano i benefici della cannabis, ma per raggiungerli devo oltrepassare il tramezzo dei celerini, che si scambiano commenti e sguardi verso chi arriva al concentramento della manifestazione. Ma oggi si limiteranno a fare da cornice. Oltrepassando gli studenti medi, incontro lo “spezzone sociale” degli antagonisti e degli squatters, vedo Rosy appoggiata ad un lampione e le faccio un saluto, lei mi risponde un po’ distratta mentre chiacchiera con aria stanca con un suo amico, un passo e gli attivisti “NoTav” mi sono annunciati da Andrea e Paola con le loro inmanchevoli bici coperte di adesivi antiglobalizzazione, ci scambiamo pacche sulle schiena e mi faccio ragguagliare sullo stato della sezione Torinese di Emergency, di cui loro sono la mente organizzativa e telematica. Arrivo finalmente alla testa del corteo che si sta ancora costituendo. Le varie sigle del sindacalismo di base, Cub, Cobas, Usi, Sin.Cobas, R.d.B., si contano e si distribuiscono bandiere e striscioni. Finalmente vedo Stefano e gli appoggio una mano sulla spalla, ci salutiamo, scambiamo alcune chiacchere, m’informo sulla solidità di una cooperativa che ha assunto una mia amica a tempo determinato e la ha inquadrata come socialavoratrice, pare che ci si può fidare, ci chiediamo dove sono Marco e Riccardo. Il primo spunta dopo un quarto d’ora con fidanzata e bandiere del sindacato e me ne affida una (di bandiera s’intende). Non lo vedrò più e così mi porterò i colori della mia confederazione fino al mio ritorno a casa. Sono le 9.43 quando il corteo parte; io mi faccio un paio di giri per tutta la lunghezza del serpentone, per farmi un’idea del numero di partecipanti, non sono bravo in questi calcoli, ma mi pare che in tutti siamo in 1500, non male per i precedenti. Vedo Luchino con gli anarchici, vorrei fargli gli auguri per essere diventato papà da poco, ma mi si para davanti Riccardo che mi chiede dove mi fossi cacciato fino a quel momento…. Io invece gli chiedo se mi ha portato una maglietta di “Radio Black Out”, ma niente da fare si è dimenticato. Peccato ci tenevo. Risaliamo il corteo e con un sorriso felice Vito mi tende una mano e il giornale del suo nuovo partito, quello del Partito Comunista del Lavoratori, costo 2 Euro, a lui non posso dire di no, è il nonno che non ho mai conosciuto, mi racconta che alla manifestazione di sabato per i diritti del popolo palestinese che si terrà a Roma le Ferrovie non hanno accordato il prezzo ribassato alle delegazioni che vogliono raggiungere la capitale con i treni, la colpa, per Vito, è delle pressioni di Margherita, comunità ebraica, Libero e…. Sandro Curzi, perché Rifondazione ha puntato tutto per la più ecumenica manifestazione di Milano in cui, con le altre forze dell’Unione, si chiede la pace Israelo-Palestinese attraverso la formula “2 popoli-2 Stati”. Forse quella di Vito è fantapolitica. O forse no.
La manifestazione continua così tra chiacchiere tra amici che s’incrociano, con la rituale domanda: “ma che ne pensi della finanziaria?”, le risposte variano dal “fa schifo” a “governo amico un paio di cogl..ni!”, ma ho sentito anche dei “non è tutta da buttare, solo il 90%”, e “… pensa se fosse rimasto Berlusconi?!”. In via XX Settembre Gippò mi annuncia che domani andrà a Parigi per studio, beato lui! Ma mi assicura che torna fra un mese, in tempo per il Natale.
Dina e Gianfranco condividono con me lo stile nomade di chi va giù e su per il corteo. Tra poche settimane il loro contratto di lavoro non sarà rinnovato all’Istituto di Riposo in cui operano, ormai neanche nel pubblico c’è la sicurezza del posto fisso, si vede che sono amareggiati, ma non riescono a non essere tristi, o forse Gianfranco approfitta della cosa per evitare il discorso matrimonio?
Lo stuolo delle tipologie di precari è considerevole, ma oggi spiccano alcune categorie… “atipiche”, ci sono: vigili del fuoco, operatori della Croce Rossa, impiegati dell’Università.
Una volta non s’immaginavano che certe categorie potessero subire la flessibilità del mercato del lavoro, invece ora non ci sono più isole felici, e con le leggi sulla privatizzazione dei servizi, tutto può precipitare.
Arriviamo in piazza Castello. Comizi. Saluti. Appuntamenti per le prossime riunione ed iniziative.
Rivedo Stefano, mi dice che eravamo in 3500. Non male. La prossima volta facciamo venire gli altri 994000 torinesi che non sono venuti!

12 novembre 2006

Sofferenza scaricata.

Ci sono cose che definire ripugnanti è svalutante.
Perché non rende l’idea della sofferenza, del vergognoso, dell’angoscioso che provocano nelle persone che le subiscono.
È il caso del video di un ragazzo affetto da sindrome di Down torturato dai compagni di classe.
191 secondi di sberle calci, insulti e lanci di libri ed insulti nazisti documentati in un filmato che è diventato uno dei più scaricati da internet, come se fosse l’ultimo singolo di Britney Sperars.
Ma l'associazione Vividown, che ha scoperto la circolazione del video e che vuole scoprire chi ha realizzato il video e ha effetuato violenza sul disabile ha denunciato anche Google: "Vista la capacità di diffusione - scrive l'avvocato Guido Camera - è evidente che attento e consapevole deve essere il controllo dei video che possono essere scaricati dal sito".
Il video poi mostrava come molti altri ragazzi all’interno della classe non siano intervenuti durante l’accaduto ed abbiano tenuto un comportamento omertoso.
Ci si chiede se il video sia originale o frutto di finzione.
Ma alcune cose rimangono.
Come si può sfruttare la violenza ad un disabile per realizzare un video da girare su Internet e concretizzare la soddisfazione di vederlo tra i più scaricati?
Come si può credere che la scuola sia luogo di educazione ai valori d’integrazione e tolleranza se vi si celano certe risacche del peggior fascismo?
Una volta mi sono imbattuto in sito di una casa editrice che pubblicizzava una collana di libri di pensiero politico che aveva tra i suoi titoli “Il mistero dei Mongoloidi”, inutile dire che il contenuto era di chiaro tipo nazista e razzistico. Ecco l’essenza di tali ideologie: forti con i deboli e deboli con i forti.
E il ruolo di chi ha scaricato il video?
Possibile che si tratti di una finzione, di uno scherzo come detto, ma comunque non cambierebbe molto. Chi ha cliccato centinaia di volte non lo sapeva. E lo ha fatto irretito dalla denominazione “Video divertenti” del sito da cui si scaricava il filmato.
Internet è questo.
Internet è meglio.
Internet è anche peggio.
Internet siamo noi. Noi che navighiamo, clicchiamo, scarichiamo, scriviamo, leggiamo, visioniamo, ecc…
Internet è la società. Se qualcuno si diverte a maltrattare una persona indifesa per divertimento e lo fa circolare sul web e la cosa fa successo è segno che la società ha sete di queste emozioni, è segno che c’è una grave malattia tra le persone. L’idiozia. O ha un altro nome? Forse fascismo?

09 novembre 2006

Mi chiedo se troverò qualcosa nel mio cammino

Mi chiedo se troverò qualcosa nel mio cammino
Sforzandomi non trovo molto all'orizzonte
Ma si sa
Nessuno sa vedere in fondo al destino
Cosa devo fare dunque?
Nella mano trovo tante formiche
Poi volgo lo sguardo fuori dalla finestra
Una cassa da morto scivola sul viale
Ma è veloce, e si perde via
Faccio un grosso respiro
Corro fuori
Scendo svelto le scale
Come sono lunghe queste scale
Mi sembra di cadere, una, due, tre volte
Arrivo alla fine
C'è la strada
E ballo, ballo
Una musica che sento solo io
Anche perché non c'è nessuno vicino a me
Mi butto per terra
Riprendo, tranquillamente, fiato
E poi lievito
Il mio corpo, disteso, si alza in volo
E velocemente torno sul balcone di casa mia
Mi accomodo su una sedia
Ho la tua cartolina in mano
Che tu lo pensi o meno
Sarà sempre importante per me questo ricordo di te
Fra un paio di giorni comprerò una bicicletta
Ci girerò tutta la città
Imparerò ad inforcare per bene ogni curva
Sarò brillante ad usare il cambio
Sempre più bravo, sempre più veloce
Con l'aria che mi pungerà la pelle del viso appena rasata
Così taglierò i miei traguardi
Ma ci sarà qualcuno a baciare il campione?
Devo cambiare pagina
Ho bisogno di nuovi sogni
E il domani per me è sempre così affascinante
Quale nuova scoperta farò?
Aspettate, aspettate
Appena la vivrò, ve la racconterò

06 novembre 2006

Giovani, carini, precari ed anche un poco scazzati.

Leggo dal sito de “La Repubblica” i risultati del sesto rapporto dell'istituto "Iard" (Istituto sulla condizione giovanile in Italia) che ha cercato di analizzare il cambiamento dei giovani italiani, realizzando una comparazione con le altre indagini svolte in questi anni, a cominciare dal 1983.
Da questa analisi emerge un quadro che convalida dati risaputi, ma anche pone alcune novità sul quadro della discussione sull’attualità della condizione giovanile, infatti sono confermate alcune tendenza negative, come la percentuale dei giovani che vivono stabilmente fuori dal nucleo familiare di origine, se nel 1983 infatti era uscito di casa il 17% dei 15-17enni, oggi soltanto il 3%, per i 18-20enni si è passati dal 39% al 25%, solo dopo i 25 anni si registrano le prime consistenti uscite di casa, spesso in concomitanza con il matrimonio o la convivenza, tuttavia: quasi il 70% dei 25-29enni e oltre un terzo tra i 30-34enni (36%) vive ancora con i genitori. Il perché risiede in alcuni fenomeni come percorsi di studio più lunghi che in passato, con un ingresso più tardivo nel mondo del lavoro, si pensi che tra i 25-29enni c'è ancora un 35% di giovani che non lavora e tra i 30-34enni è il 23%, si segnala anche l’effetto della precarizzazione del mercato del lavoro, che ha però segnato un'inversione di tendenza rispetto ai dati del 1996, con una maggior partecipazione giovanile al mondo del lavoro e il difficile accesso al mercato del credito e della casa.
In considerazione di ciò non stupisce che i dati che riguardano la percezione del futuro segnalino che la visione dell’avvenire è quella di un vasto campo di possibilità, sempre aperto, in cui le scelte di vita più importanti non sono "per sempre" (dal 49% del 1996 al 54% del 2004).
La considerazione dei valori della vita rimane comunque classica, tant’è che “la salute”, ad esempio, raccoglie il consenso della quasi totalità del campione (92%), seguita a pochi punti percentuali dalla famiglia (87%) e dalla pace (80%, a pari merito con il valore della “libertà”). E ancora: l'amore (76%) e l'amicizia (74%). Mentre sorprende l'importanza attribuita al valore della solidarietà: negli ultimi otto anni passa dal 59% dei consensi al 42%. "Le cose importanti per i giovani - spiega il presidente di 'Iard' Antonio de Lillo - sono sempre più quelle legate alla sfera della socialità ristretta, a scapito dell'impegno collettivo". Infatti anche l’altro lato dell’impegno collettivo, ovvero la politica, segna il passo con appena il 4% che dichiara di fare partecipazione attiva a questo materia; mentre cresce d'altro canto, dopo un'inversione di tendenza registrata nel 1996, l'atteggiamento di delega (il 35% pensa che si debba "lasciare la politica a chi ha la competenza per occuparsene", contro il 26% del 1996).
Dati contrastanti sulla fiducia, dagli anni 90 ad oggi, nei confronti di molte istituzioni: gli insegnanti, la polizia, i militari di carriera, le banche e gli uomini politici, tutti comunque in ribasso rispetto agli anni 80. Incuriosisce, ed anche sorprende, che si registri un crollo della fiducia da parte dei giovani nei confronti della televisione: si passa dal 47% di coloro che si fidavano della televisione privata nel 1996, al 33% del 2004; e per quella pubblica dal 53% dei consensi si passa al 38%. La metà del campione, infine, si fidava dei giornali nel '96: percentuale lievemente in discesa nel 2004 (meno 6%).
In conclusione. Da questa relazione direi che finalmente si scacciano alcuni luoghi comuni come quello che i giovani rimangono a casa dei genitori perché mammoni ed incapaci di stirarsi una camicia ed una gonna o cucinarsi una pasta (cose che il sottoscritto è capace a fare da quando aveva 14 anni, e proprio perché me le ha insegnate mia madre), ma perché l’accesso al lavoro, condizionato da contratti flessibili, trasforma la vita delle persone in “esistenze a progetto” in cui sono precluse l’accesso ad alcuni bisogni come l’indipendenza, in poco parole, diminuisce la stabilità di un reddito come diminuisce la possibilità di permettersi un mutuo od un affitto (quelle sì che sono un dato economico in perenne crescita), non dovrebbe quindi stupirci che dagli umori dei giovani traspare un sottile ricorso all’egoismo, che penso indotto dalle condizioni ambientali, forse come meccanismo di difesa. Viene da chiedersi se sia attuale o meno quella dichiarazione di Norberto Bobbio, che molti anni fa mi aveva molto colpito, e che diceva: “I giovani che valgono veramente fanno volontariato, gli altri politica”, una bella provocazione da parte di uno dei padri della nostra repubblica. Comunque penso che la classe sociale di appartenenza influisca ancora molto sulla percezione del proprio presente e futuro. Credo, per averlo visto in presa diretta, che un un ragazzo/a che proviene da buona famiglia si preoccupi comunque meno di un suo coetaneo che arriva dalle case popolari di periferia se si ritrova in mano un contratto di tre mesi in una ditta, poiché può fare ricorso a sicurezze familiari che gli fanno da paracadute in caso di periodi in cui l’occupazione non c’è…..
E comunque, se Emilio Fede fa il direttore di telegiornale, Mastella il ministro e Materazzi vince un mondiale di calcio, beh…. Sembrerebbe bastare tirarsi su le maniche, in qualche modo, anche noi per farcela! O è una faccenda di calci nel culo?

04 novembre 2006

Una magia in Novembre.

Stamattina mi sono visto con la mia amica Angela per fare colazione. Lei mi ha dato appuntamento in un bar di Piazza Statuto (che si trova in centro, per i non torinesi), e vi siamo giunti contemporaneamente. Decidiamo di sederci in una elegante saletta e io, visto che è stata lei a scegliere il posto, nascondo il timore che lì un cappuccino e brioche mi verrà a costare come una cena in trattoria, ma è lei che mi toglie dall’imbarazzo leggendo il menù ed esclamando: “2 euro e 20 centesimi un caffè? Sti cazzi!” (adoro il linguaggio diretto di questa mia amica).
Decidiamo di fregarcene, ordiniamo ed iniziamo a chiacchierare; così, sarà che abbiamo un certo feeling comunicativo collaudato, finiamo per chiacchierare di certi imperfetti aspetti delle nostre vite. Entrambi lavoriamo nel sociale, ed entrambi con contratti a tempo indeterminato, ma ciò non toglie che nella professione come nel personale spesso “volere” e “potere” sono due concetti lontani da quella proiezione ideale che ci aspetteremmo. Per capirci: io mi lamentavo di come ogni anno mi accorgo che a lavoro le risorse materiali e la disponibilità umana, mia e dei miei colleghi, siano due dati di fatto in rapporto tra loro in modo direttamente proporzionali, ed entrambe al ribasso. Angela concordava e rilanciava col suo mal di schiena generato da anni passati ad effettuare movimenti poco ergonomici sul luogo del lavoro per la movimentazioni dei carichi. Poi il discorso passava sugli affetti e lì si spaziava mischiando sarcasmo e preoccupazione a seconda se ci riferivamo a ”certi tombeur des femmes” o alla famiglia o alle amicizie in comune.
Così verso la fine della chiacchierata dovevo constatare che:
“Sì, vabbè , Angela… ma è che se ci si vede e ci si parla sempre delle stesse sfighe tra noi operatori del sociale.”
“Eh sì caro... almeno per il lavoro hai ragione. Ognuno comunque ha amici che non stanno nel mondo del sociale a cui parlare di affettività.”
“Di certe cose non ne parli quasi mai quando sei con altra gente?”
“Può capitare, ma non è che sopporti molto tutta l’altra gente
“Ma diciamocelo… per ritrovarci a constatare che l’opinione pubblica ti guardi come un extraterrestre accetti di buon grado di ritagliarti un piccolo mondo di persone fidate con cui chiacchierare con un linguaggio comune, magari sempre sugli stessi argomenti…”
“Un mondo precario…
”Già…”
Ebbri di tanta filosofia a buon mercato, paghiamo il conto di 8 Euro per un caffè macchiato (“ma cazzo perché me lo macchiano sempre se non glielo chiedo” si era domandata inutile Angela), un cappuccino e due brioche, e usciamo a contatto con la fredda mattinata torinese, così novembrina dopo un Ottobre relativamente temperato.
Angela vuole comprarsi dei nuovi stivali, sbircia le vetrate dei negozi di Via Garibaldi, ma rinuncia, prezzi e qualità improponibili.
Così finiamo imprevedibilmente in una mostra d’arte contemporanea agli “Antichi Chiostri” di tale Varrè che adoperando legno, vernice e polveri minerali ha realizzato delle opere pittoriche sul tema della Musica, ispirandosi a canzoni, musicisti, strumenti e quant’altro.
Una piacevole sorpresa per me ed Angela. Come una magia. L’astrazione artistica ha un fascino singolare. Anche per degli inesperti come noi due.
Le superfici brillanti, le forme e le ombre reinventate, la tridimensionalità levigata… ri-architettare il mondo come meglio ci pare, senza violenza, senza prevaricazione, senza precarietà ma con il ritmo musicale a scandire le emozioni di stare insieme.
È un pensiero sicuramente troppo veloce, troppo elettrico, magari superficiale.
Ma parliamo di una magia, un breve artifizio, per strappare un sorriso in una giornata condita da mattinieri discorsi esistenzialistici.
Proprio solo una magia.
E almeno quella è stata a buon mercato.

02 novembre 2006

Scritti Corsari

Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia.” (Pier Paolo Pasolini da "Cos'è questo golpe? Io so" sul Corriere della Sera, 14 novembre 1974).


L’inizio del Post di oggi è istintivamente dedicato alla memoria di Pier Paolo Pasolini nel trentunesimo anniversario della sua morte.
Se fosse ancora vivo avrebbe 84 anni, sembra strano immaginarlo vecchio, segnato dalla decadenza fisica e magari intellettiva. Magari se ne sarebbe andato via comunque prima di raggiungere quella veneranda età, magari non avrebbe sopportato di vedersi incanutirsi irreparabilmente, lui così attento alla forma fisica, uomo dalla figura sempre asciutta e ben allenata.
Ma se la sua vita non si fosse spezzata in quella violenta, quanto misteriosa, notte sul litoraneo laziale di Ostia, quali altre opere artistiche, civili, umane avrebbe regalato all’umanità? Come avrebbe compreso l’attualità italiana, e non? Come si sarebbe levata la sua voce, così delicata e chiara, dalle interviste televisive che i giornalisti gli avrebbero fatto per sapere il suo punto di vista, magari sull’ascesa al soglio pontificio di Papa Woityla o sulla tragedia di Ustica o sul dirottamento dell’”Achille Lauro” o sulla “Perestrojka” di Gorbaciov o sulle geste di Diego Armando Maradona….
No, noi non lo sapremo mai il suo punto di vista. Ma non importa. Perché Pasolini, che con le sue opere ha aperto le porte delle tematiche e delle ambientazioni dell’arte, della cultura, della comunicazione a chi non faceva parte di quella èlite privilegiata borghese che prima di allora era l’unica protagonista della letteratura, del cinema, del teatro, ci ha lasciato quelle atmosfere, quelle testimonianze, quei messaggi, ora crudi ora angelici, che ci disegnano una “coscienza/conoscenza” utile per desiderare e creare un mondo migliore.
Forse è quindi meglio che lui non si sia imbattuto nei Mastella, nei Borghezio, nei Grandi Fratelli, nelle Valeria Marini, nei Bush, nei Osama Bin Laden, nei Moggi, nei Swarzenegher, nei Dolce&Gabbana, nei Briatore, nelle Simona Ventura, ecc… che riempiono la nostra quotidianità; ha pagato abbastanza il diritto alla libertà nella sua vita per sobbarcarsi il dispiacere di confrontarsi con tutta sta paccottiglia umana…..
Ma noi che rapporto abbiamo con la libertà?
Se tornasse un Pasolini lo riconosceremmo o lo metteremmo in fila con tutti quei mezzibusti catodici che già affollano la nostra conoscenza?
E se Gabriele Torsello telefona all’Ospedale di Emergency per sapere come sta suo figlio, perché cazzo non lo rimandano qui, così lo scopre di persona, che la bolletta del telefonino comincia ad essere un po’ lunga?