29 dicembre 2006

Bye bye 2006

E così anche il 2006 sta per concludersi.
Lo dico senza particolari rimpianti.
Certo niente di apocalittico, ma comunque poche cose piacevoli da ricordare.
Non vi tedierò con i miei piagnistei personali, non perché penso che chi si confida su blog sia un debole, tutt’altro, e io stesso ne ho fatto ricorso, ed è stato alquanto terapeutico. Piuttosto, ultimamente, vivo certi aspetti della mia vita in modo strettamente intimo. Mi piace più che altro scrivere di grandi discussioni, di temi di grande respiro, con toni a volte ironici, a volte accigliati, a volte preoccupati, a volte distesi, a volte interrogativi. Per cercare di capire, semplicemente.
Stanotte Torino, o almeno il lembo di città in cui vivo, è inabissata in una spessa nebbia. Non mi piace uscire con questo tempo, men che meno guidare. Allora sarebbe la serata giusta per leggere un noir d’autore, sentire di sottofondo i Gotan Project, tenere una bottiglia di amaro e un bicchierino a portata di mano.
O fare l’amore. È sempre un buon momento per fare l’amore. Sinceramente è l’unica cosa che mi fa sentire veramente pulito in questo mondo. In questa vita.
Posso esprimere un auspicio per il 2007?
A volte mi capita di sentire certe persone fare certi discorsi su certi temi di attualità che mi lasciano decisamente basito, poiché finiscono in improperi del tipo: “quelli lì li metterei tutti al muro!”.
Quelli lì sono altre persone facenti parte del genere umano e, a seconda dei casi, e a seconda degli interlocutori, rispondono alla tipologia di: Immigrati, Palestinesi, Israeliani, omosessuali, comunisti, anarchici, squatters, spacciatori, barboni, prostitute, atei, terroni, capelloni, alcolizzati, zingari, tossici, schizofrenici, alienati, poveri, saltimbanchi di strada… Saddam… vabbè pare che x quello ci siano riusciti… chissà che bella spirale di vendetta si aprirà adesso… tra l’altro hanno calcolato che i morti militari americani in Iraq hanno superato i morti civili dell’11 Settembre 2001… proprio un bell’affare…
Ecco io vorrei soltanto che non mi capitasse più di sentire certi discorsi nelle mie orecchie. Che le persone non si esprimano più così e non abbiano certi sentimenti forcaioli. Chiedo troppo?

“Concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio per cambiare quelle che posso e la saggezza per riconoscerne la differenza”. (preghiera Cherokee)

26 dicembre 2006

Italiani… brava gente?
Tra i vari luoghi comuni sulla nostra nazione uno dei più noti è che siamo “un popolo di santi, navigatori e poeti”.
Sicuramente la cosa era riferita a quell’epoca storica in cui, pur essendo un paese amministrativamente e politicamente suddiviso in staterelli retti da nobili per lo più di stirpe straniera, sfornavamo frotte di alfieri del clero, fortunati ed inconsapevoli scopritori di continenti, e fini letterati sostenuti da generosi quanto ottusi mecenati. Ora che i Papi possono pescare nei cinque continenti i candidati all’aureola, da reali pii missionari ai martiri dell’evangelizzazione e dei sistemi totalitari, da frati pugliesi analfabeti dotati di stimmate di ordinanza a creatori della finanza vaticana, ora che gl’italiani possono al massimo per lo più navigare su internet o se si mettono in marcia lo fanno verso le mete di villeggiature in agosto e intasano la Salerno – Reggio Calabria, ora che abbiamo sostituito le barzellette di Totti alla Divina Commedia, Tiziano Ferro a Pier Paolo Pasolini, “Amici di Maria de Filippi” ai caffè letterari, ora siamo fuori tempo massimo per rifarci una fama di santi, navigatori e poeti.
Attualmente penso che ci calzi un po’ meglio la citazione di Winston Churchill che diceva che “Gli Italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre”.
Poi c’è quell’altro famoso detto “Italiani Brava gente”.
Un mito. Inteso come mistificazione della realtà. Tutto ben documentato nel libro di Angelo Del Boca “Italiani brava gente?” in cui vengono narrate edificanti episodi d’italianità. Si va dalle ingiustificate stragi compiute durante la cosiddetta "guerra al brigantaggio" alla costruzione in Eritrea di un odioso universo carcerario. Dai massacri compiuti in Cina nella campagna contro i boxer alle deportazioni e agli eccidi in Libia a partire dal 1911. Dai centomila prigionieri italiani lasciati morire di fame in Austria, durante la Grande Guerra, al genocidio del popolo cirenaico fino alle bonifiche etniche sperimentate nei Balcani. Acqua passata? Non direi. Apprendo (dal sito di Peacereporter) che secondo un rapporto dell’Unicef pubblicato ieri a Nairobi che siamo (col 18%), assieme a tedeschi (14%) e svizzeri (12%), ai primi tre posti per il favoreggiamento della prostituzione minorile nelle regioni costiere del Kenya. Un problema difficile da sradicare, perché alimenta una fiorente industria che frutta al Paese decine di milioni di dollari all’anno. Le ragazzine Keniote, provenienti dalle regioni interne del Paese, in alta stagione riescono a guadagnare fino a 80 dollari a notte. Una somma notevole, con cui riescono a mantenere parte della famiglia. Per questo spesso le ragazze sono spinte dagli stessi genitori a intraprendere l’attività, poi, una volta arrivate a destinazione, vengono “reclutate” da agenti specializzati che le indirizzano nei locali notturni e favoriscono l’approccio tra le ragazze e i clienti stranieri. Comprensibile che, in un quadro del genere, le attività di recupero delle ragazze portate avanti da associazioni e Ong locali si rivelino una goccia nel mare. A livello repressivo la situazione non è migliore, visto che i pochi turisti che finiscono nelle maglie della giustizia riescono a cavarsela con sostanziose mazzette elargite a giudici e poliziotti. Come si vede gl’italiani sanno far muovere l’economia nei paesi africani.
Proprio vero. Italiani brava gente. Ma non tutti. E forse sempre in meno.

22 dicembre 2006

Letterina a Babbo Natale.


Caro Egregio Illustrissimo Babbo Natale,
sono Maurone e ti scrivo per chiederti alcuni doni visto che siamo quasi arrivati al fatidico 25 Dicembre. Il giorno dell’anno dove siamo tutti più buoni e dove le brave persone come me sono sicure di poter ricevere le famose strenne natalizie tante agognate da almeno un anno. Ti sorprenderà sapere che non ti domanderò l’arrivo di nessun prezioso pacco sotto il mio albero, quindi niente I-Pod, niente felpa della Nike, nessun jeans di Dolce&Gabbana, nessun dvd quadruplo di Nick Cave, nessun cestino natalizio aziendale. Vorrei invece che tu esaudissi alcuni miei desideri, portando alcuni doni ad altre persone. Te l’ho detto sono uno buono. Ed ho sempre creduto in te! Per te sono anche incappato in brutte figure, come quella volta che credevo di aver riconosciuto la tua effigie in un foto appesa in una cornice in una grossa stanza ed ho esclamato davanti a tutti “Ma questo è Babbo Natale” ed i compagni della Casa del Popolo mi volevano linciare perché con la foto di Carlo Marx non si scherza…..
Per questo ed altri motivi volevo sottoporti la mia lista di richieste. Pronto? Allora si parte.
Per favore Babbino Natale porta a Romano Prodi una busta paga di un lavoratore dipendente di medio basso livello così che capisca che non c’è solo Montezemolo d’accontentare in finanziaria; a Silvio Berlusconi manda un vestito adatto alla sua statura politica, il costume di Sbirulino dovrebbe andare bene; a Flavio Vento ed alle altre “pupe” della tv porta un neurone, così che quello che già hanno non si senta troppo solo; ai psicanalisti-tuttologhi perbenisti che siedono nei talk-show porta un figlio gay che si fa le canne e che va in giro con la maglietta con su scritto “W la Franzoni”, a Francesco Totti porta un vocabolario ed uno che glielo legga; al Papa porta un accendino, perché è l’unico simbolo della modernità che può gestire; ad Elisabetta Gardini dona un bagno tutto suo alla Camera, ma dicci dove lo metti così la muriamo dentro; a Vittorio Emanuele di Savoia regala del Viagra scaduto che gli faccia fare delle figure di merda colossali, a Piero Fassino suggerisci di dire qualcosa di sinistra, fosse mai che ci si strozza; omaggia di una “pistola fumante” Gorge W. Bush cosicché possa bombardarsi da solo; alla Simona Ventura procura un contratto in una televisione islandese, cosicché ce ne possiamo liberare.
Beh per adesso può bastare, avrei voluto chiederti la pace nel mondo, la fine della violenza sulle donne, la cessazione della fame nei paesi poveri, un lavoro dignitoso per tutti, ma lo so…. Tu non fai miracoli…. Non sei mica la befana!

19 dicembre 2006

Porta qualcosa al Pd.
Fassino porta le bocciofile dell’Arci e quelli che arrostiscono le salamelle alla festa dell’Unità, Rosy Bindi convincerà a venire le perpetue dei preti del Nord-Est, Walter Veltroni metterà sù i cd di De Gregori e Venditti e i film di Bombolo, Ciriaco De Mita invece ha pronti un tot di container dei ex terremotati dell’Irpinia, Livia Turco cucirà le nuove bandiere per le manifestazioni con il filo di sutura degli ospedali grazie ai ticket sul pronto soccorso, per i sigari ed il tabacco da pipa ci pensa Franco Marini, ma sarà Pierluigi Bersani che distribuirà le nuove tessere di partito (con cui fare anche la spesa alla Coop!!!), la Paola Binetti ovviamente distribuirà le bibbie e preservativi bucati presi in Vaticano, Sergio Cofferati offrirà dei caterpillar con cui è solito dirimere le questioni a Bologna, Arturo Parisi ci tiene ad essere quello che offre il mirto fatto dalla Brigata Sassari in caserma, il ministro del lavoro Cesare Damiano assumerà dei precari sessantenni per l’attacchinaggio dei manifesti, con Pierluigi Castagnetti si parlerà dei bei tempi che furono, Luciano Violante penserà a riabilitare qualche compagno che ha sbagliato, l’indirizzo filosofico lo darà Massimo Cacciari a bordo di una gondola, il tocco glamour è di competenza di Giovanna Melandri che metterà sù un tailleur intonato, poi ci sarà il tappeto rosso che Francesco Rutelli srotolerà perché porta Montezemolo, invece Massimo D’Alema porta solo se stesso, perché è pieno solo di quello..
Infine, al gran pout – pourri del Partito Democratico, Romano Prodi porterà con se un rosario ed un corno regalatogli da Rosa Russo Jervolino, ne ha bisogno…

16 dicembre 2006

24 minuti

A rieccomi!
Stamane son di nuovo sbarcato a Torino in arrivo da Taranto. È stata una settimana molto intima, con alti e bassi, ma preferisco lasciarmi dentro le emozioni e le sensazioni di questi giorni passati con le persone che amo…
Vi ringrazio per tutti i messaggi che mi avete scritto nel precedente post, siete stati molto affetuosi.
Certo, che guardando a questi giorni, di argomenti di cui parlare ce ne sono a bizzeffe!
Finanziaria, caso Welby, pacs, guerra civile in Palestina, lo sciopero delle firme dei giornalisti tv e di carta stampata, il fenomeno dei Cinepanettoni(ovvero quei film commedia che spopolano a Natale con protagonisti i Boldi, i De Sica Christian, i Bonolis, con starlette varie di supporto), insomma tante occasioni di discussioni di contenuto drammatico…

Ne scelgo uno che mi sta particolarmente a cuore, ovvero, la terrificante agonia di Angel Nieves Diaz.
Come penso avrete letto e sentito ai telegiornali, l’altro giorno si è svolto nel carcere di Jacksonville, in Florida, l’esecuzione del 55enne Angel Nieves Diaz, originario del Portorico, ed in carcere da 27 anni per l’omicidio di un gestore di un locale notturno. Fino all’ultimo, persino sul lettino del carcere dove gli è stata somministrata l’iniezione letale che avrebbe dovuto ucciderlo rapidamente, Angel Nieves Diaz si è dichiarato innocente ed ha criticato le modalità processuali che l’hanno condannato a morte. Ad assistere all’esecuzione, come di consuetudine in Usa, 25 testimoni, compresi alcuni parenti del condannato. Sotto i loro occhi si è consumato una scena aghiacciante, dopo che Angel è stato legato al lettino, gli sono stati infilati nelle vene tre aghi collegati ad altrettanti tubicini, che portavano rispettivamente ad un flaconcino di sedativo, ad uno di liquido paralizzante ed uno di veleno letale. Normalmente (mi fa ribrezzo usare questa parola in questo contesto) la procedura si svolge in un tre minuti, senza presunte sofferenze da parte del condannato, ed invece questa volta non tutto è andato come si credeva, il sedativo non ha funzionato ed il veleno ha lentamente fatto il suo decorso, Angel quindi ha iniziato ad avere convulsioni, senza possibilità di parlare ma assolutamente cosciente. Tutto questo per 24 lunghi ed agonizzanti minuti. L’intervento di un medico che ha somministrato altro sedativo e veleno ha permesso ad Angel di perdere i sensi, così ché, dopo 10 minuti, Angel è spirato.
Il governatore della Florida, Jeb Bush (fratello di Gorge W., e dico tutto…), assicura prima che l’esecuzione si è svolta regolarmente, e gli inconvenienti avvenuti dipendono solamente dalla malattia del fegato di Angel che ha reso difficile l’assorbimento dei veleni. Poi sbugiardato dagli stessi medici del penitenziario, che si sono accorti che la lunghissima agonia è stata provocata da un ago che «non è riuscito a trovare la vena» e dunque non è stato capace di mettere in circolazione il cocktail velenoso a base di barbiturici e paralizzanti che avrebbe dovuto ucciderlo in pochi secondi; così il figlio di un ex presidente degli Usa e fratello di quello attuale, e qualcuno dice lui stesso futuro erede della carica (ma che è una monarchia….???), ora ha deciso una sospensione di tutte esecuzioni almeno fino a che un'apposita commissione non avrà completato l'analisi su questo sistema di esecuzione. Decisione accolta dal futuro governatore Charlie Christ, anche lui repubblicano, che ha annunciato che rispetterà la sospensione delle esecuzioni dall'inizio del suo mandato (in vigore dal prossimo gennaio) e fino a che la commissione non avrà presentato il suo rapporto.
Non voglio declamare l’innocenza di Angel Nieves Diaz, non ho la più pallida idea se lui sia stato o meno il vero assassino di quel gestore di bar, anche se mi rende perplesso sapere che a suo carico nel processo non vi sia né una prova, né il ritrovamento dell’arma, né uno straccio di Dna, ma bensì l’unica testimonianza della ex ragazza di Angel (uhmmm state attenti a lasciarvi sempre bene con i vostri partner…). Mi fa ribrezzo saper che quella che si definisce la democrazia più potente del mondo uccida barbaramente i suoi cittadini con la convinzione di fare giustizia, anche se cambia poco mandarli a morire in MedioOriente, sempre in nome della democrazia, ma con una divisa ed uno stipendio. E questo vale per gli Usa come per tutte quelle nazioni che ancora considerano la condanna a morte come mezzo lecito per rendere giustizia alla fine di un processo, da Cuba all’Arabia Saudita, dalla Cina alla Turchia.
Ma cosa sarà mai mancato a questi paesi perché non si sia concretizzato ciò che è avvenuto invece per l’Europa, compresa la nostra sgarrupatissima nazione?
Possibile che la lezione illuministica dei Montesquieu, dei Rosseau, dei Beccarla non abbia oltrepassato nè l’Atlantico, né lo stretto dei Dardanelli? Né allora né oggi con internet e globalizzazione?
La pena capitale non è un diritto, ma una vendetta dello stato contro un cittadino, che utilità mai porterà? Uno stato che risolve un crimine attraverso una iniezione, una corda, una sciabola o un plotone di esecuzione è uno stato che non ha futuro. Che non finirà mai di risolvere i suoi problemi sociali e che innescherà la solita spirale in cui un povero sarà sempre il nemico di un altro povero e così all’infinito…

Ma se dimostrerò non essere la morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell’umanità.”
( Cesare Beccarla, Dei delitti e delle pene)

08 dicembre 2006

In partenza.

Care e cari bloggers com’è passata sta giornata festività? Io son stato ad un mercatino ecquosolidale dove ho preso un paio di oggettini per i regali natalizi. Ho chiacchierato con alcuni volontari della LAV e di Amref, e mi sono intrattenuto a lungo con i miei amici di Emergency, pranzando anche con Paola che ne è la coordinatrice della sezione di Torino, che mi ha spiegato del loro impegno in particolare per la creazione di un posto letto in rianimazione nell’Ospedale sudanese di Emergency di Soba, a 20 chilometri da Khartoum, il costo è di 60000 Euro, e loro ne hanno raccolto la metà attraverso i banchetti di vendita di materiale. Si sono posti questo obiettivo in memoria di una volontaria della sezione torinese da poco scomparsa. Io ho acquistato il mio bravo calendario e almeno so in che cosa vanno i miei 7 eurini.
Poi son tornato a casa ed ho iniziato a prepararmi la valigia, visto che domani, insieme a mio padre, partirò alla volta della Puglia, destinazione Statte, in provincia di Taranto, e lì finalmente riabbracciare i nostri parenti, in particolare mia madre che non vedo da Settembre, e di cui ho nostalgia (ammetto, sono un tipico italiano, pizza-mamma-e-tuttoilcalciominutoperminuto). Sarà un po’ stancante starmene queste dodici ore filate sul treno, ma ho deciso che alla edicola della stazione mi compro “il Manifesto”, “Liberazione”, “Tuttosport”, “Internazionale”, “La settimana enigmistica” e “Linus”, mi passerà il tempo leggendo, no?
In valigia ho messo anche due libri: “Lezioni di tango” di Elsa Osorio e un saggio sui “consigli di gestione di fabbrica a Torino negli anni ‘40” di Gianni Alasia. Insomma ho bisogno di spaziare tutti i terreni del sapere e dell’emozione.
Starò via una settimana, quindi ci rivedremo su queste frequenze al mio ritorno, non strapazzatevi troppo, che se no arrivate in cattiva forma al pranzo natalizio dei vostri genitori o parenti vari, dove ovviamente vi verranno regalate le solite calze di lana a rombi, o la camicia di flanella a quadrettoni o la gonna di panno verde alga smunta, o ancora come succede spesso a me, v’infileranno in mano una busta con 50 euro e la raccomandazione di usarle per mangiare e non per la droga che si fuma……. Ma in fondo a Natale, manca davvero tanto tempo….
Ciao e a presto!

“Il riso è sacro. Quando un bambino fa la prima risata è una festa. Mio padre, prima dell'arrivo del nazismo, aveva capito che buttava male; perché, spiegava, quando un popolo non sa più ridere diventa pericoloso” (Dario Fo)

06 dicembre 2006

Gian Maria Volontè

«Essere un attore è una questione di scelta che si pone innanzitutto a livello esistenziale: o si esprimono le strutture conservatrici della società e ci si accontenta di essere un robot nelle mani del potere, oppure ci si rivolge verso le componenti progressive di questa società per tentare di stabilire un rapporto rivoluzionario fra l'arte e la vita.»
(Gian Maria Volontè)

Ricorre oggi l'anniversario della morte di uno dei più importanti, bravi, amati e sensibili attori italiani, quel Gian Maria Volontè, che sfidò i canoni dell'artista nazional-popolare, e che fu l'esempio d'impegno politico e civile che diede ossigeno ad un filone che vede oggi nei Paolini, nei Celestini, i degni eredi...



Gian Maria Volontè si diploma a Roma all'Accademia di Arte Drammatica nel 1957, e si fa conoscere al pubblico lavorando per la televisione ed in teatro. L'esordio è a Milano, al Teatro Sant'Erasmo, nella stagione 1957-58, prima con Fedra di Racine, poi con La devozione della croce di Caldèron de la Barca (regia di Dranco Enriquez).
Le esperienze televisive non sono numerose, da ricordare "
L'idiota" di Dostoevskij (1959) e "Il Caravaggio", mentre in teatro recita Shakespeare ("Romeo e Giulietta", 1960), Goldoni ("La buona moglie", 1963) e il personaggio di Bartolomeo Vanzetti in "Sacco e Vanzetti" di Roli e Vincenzoni (nel 1960 e 1961, con gli Artisti Associati).
Il suo esordio
cinematografico è nel 1960 nel film "Sotto dieci bandiere" di Duilio Coletti. Magnetico interprete in film western di Sergio Leone ("Per un pugno di dollari" del 1964 e "Per qualche dollaro in più" del 1965) e in commedie ("A cavallo della tigre" del 1961 di Luigi Comencini e "L'armata Brancaleone" del 1966 di Mario Monicelli), trova la sua dimensione migliore nell'interpretare film drammatici con forte connotazione politica e impegno sociale. Da ricordare "Banditi a Milano" (1968) di Carlo Lizzani, "Sbatti il mostro in prima pagina" (1972) di Marco Bellocchio, "La classe operaia va in paradiso" (1972) di Elio Petri ed "Il sospetto" (1975) di Citto Maselli.
Molti i premi vinti: nel
1968 Nastro d'Argento come miglior attore protagonista per "A ciascuno il suo" di Elio Petri, nel 1971 con "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" sempre di Petri (che vinse l'Oscar come "miglior film straniero"), nel 1989 ancora il Nastro d'Argento come migliore attore protagonista in "Opera al nero", nel 1983 vince al Festival di Cannes il premio come miglior attore per il film "La morte di Mario Ricci", nel 1987 al Festival di Berlino come miglior attore per il film "Il caso Moro" e nel 1990 il Felix come miglior attore europeo per "Porte aperte". Nel 1991 al Festival di Venezia viene premiato con il Leone d'Oro alla carriera.
Di rilievo anche i lavori all'estero: "
I senza nome" (1970) e "L'attentato" (1973) in Francia, "Actas de Marusia" (1976) del cileno Miguel Littín in Messico e il già citato "La morte di Mario Ricci" in Svizzera.
Muore nel
1994 sul set di "Lo sguardo di Ulisse", del regista greco Theo Angelopoulos; il suo funerale sarà svolto a Velletri, dove risiedeva. Le sue spoglie riposano, come sua volontà, sotto un albero nel piccolo cimitero dell'isola della Maddalena, in Sardegna.
Verrà sempre ricordato come attore poliedrico, intenso e di grandissima forza espressiva, un gigante del
cinema italiano.

04 dicembre 2006

Buon compleanno Vecchio Cuore Granata!
Non ci voglio girare troppo sopra. Ieri il gol dell’Empoli c’era. Ma l’arbitro non l’ha visto, e di certo non apposta. Non siamo mica la juve noi. Ci è semplicemente andata bene. Cosa non proprio abituale nei cento anni del Toro compiuti ieri.
Partiamo per ordine.
Ieri pomeriggio arrivo di fretta allo stadio, sento da corso Agnelli la voce di Chiambretti che accende gli animi dei presenti all’Olimpico-Comunale (nuova e vecchia dicitura dell’impianto calcistico che in verità si chiamò originariamente come… beh ve lo lascio indovinare, era il 1934, e “lui” appariva in ogni dove con la sua mascella volitiva… vi do una mano, non era Berlusconi, ma quasi…), appena supero i controlli di rito di abbonamento e perquisa dei celerini (molto soft, non si sono neppure accorti del moschetto del mio trisavolo garibaldino che tengo come portachiavi… scherzo!), faccio in tempo a comprare una spillina del centenario del Toro, e salgo le scale che portano alla Curva Maratona, covo dei tifosi granata più sanguigni. Mi affaccio e… non vedo nulla! Non nel senso che la mia visuale mi offre il vuoto, bensì l’incontrario. Un muro umano gremisce la curva in ogni dove, per guardare in direzione del campo e capire che succede, devo arrampicarmi letteralmente sui gradini che dal primo anello portano al secondo, e farmi maschiamente largo per far sbucare la mia testa tra gli altri tifosi (alla faccia del decreto Pisanu!), appena sotto le insegne degli “Fedelissimi”, in quel momento Chiambretti (non mi sta molto simpatico, è tanto cabinotto, modo torinese per indicare i figli di papà che vivono la collina, e si atteggia a “sinistroso”, mentre riempie i suoi ristoranti di lavoratori precari), sta premiando tre arzilli signori dalle teste d’argento, sono Tomà, Gandolfi e Audisio. So che a voi son tre nomi che non dicono molto, ma a me vengono i brividi a sentirli perché sono tre reduci del glorioso periodo del Grande Torino, scampati in vario modo alla tragedia che il 4 maggio del 1949, chiuse la leggenda della squadra “che solo il fato la vinse” come si diceva allora, Tomà infatti fu ceduto in prestito all’inizio della stagione 48-49 dopo aver fatto parte della rosa titolare l’anno prima, Gandolfi era il portiere di riserva, ma un banale infortunio lo fece rimanere a Torino mentre la squadra andò a Lisbona per un’amichevole al cui ritorno si schiantò con l’aereo sulla parete della basilica di Superga, Audisio era un giovane della squadra ragazzi che giocò, segnando anche un gol, i quattro incontri del campionato di serie A, tutti vinti tra l’altro, al posto dei titolari. Lo stadio li ha accolti con un grido inequivocabile: Campioni, Campioni! Poi è toccato alla passerella di 100 ex-giocatori del Toro a partire da Enrico Annoni, detto Tarzan, ruvido quanto efficace stopper degli anni ’90, idolo della curva per i suoi modi arcigni, al pari di un altro festeggiatissimo terzino, Pasquale Bruno, detto ‘o Animale, che in un derby contro la Juve dovette essere portato fuori di peso da Lentini, dal massaggiatore, da 12 carabinieri, da 23 volontari della croce rossa, 8 controllori del bus, 3 preti esorcisti, 2 boy-scout e mio zio che passava da lì. Motivo? Contestava l’arbitro per una espulsione. Elencare tutti i nomi sarebbe troppo lungo, vi annoiereste, e tra l’altro non me li ricordo tutti. Sappiate che le ovazioni più sentite se le sono beccate alcuni idoli come Marco Ferrante, Ruggiero Rizzitelli, Nestor Combin, Aldo Agroppi, Giacomo Ferri, Massimo Marazzina, Eraldo Pecci, Luca Marcheggiani, Roberto Rosato, Cesare Maldini, Rafael Martin Vasquez, Claudio Sala, Renato Zaccarelli, Ciccio Graziani, Natalino Fossati, Beppe Dossena, Angelo Cereser, Dennis Law, Pietro Mariani e gli ex allenatori Gustavo Giagnoni, Camolese, Gianni De Biasi e ovviamente gli ultimi due ad apparire sul palcoscenico messo a centrocampo: Leovegildo Lins Gama detto “Junior” e Paolo Pulici, il primo è stato uno dei calciatori brasiliani più forti di sempre, e sicuramente la stella verdeoro, al pari di Zico, degli anni ’80, che in tre stagioni al Toro fece ballare la samba a tutta la Torino granata, l’altro…. Paolino è con 171 gol in 433 partite il cannoniere più prolifico in maglia granata, oltre che uno dei più presenti col club, grande anima granata, torna spesso a giocare partite benefiche con la maglia delle vecchie glorie, amatissimo dai tifosi (vi basti pensare che Sergio Berardo, il leader della band folk-rock dei Lou Dalfin, suona spesso con una ghironda autografata da Paolo Pulici). Appena prima di loro sono stati premiati i parenti di Valentino Mazzola, capitano del grande Torino, Gigi Meroni, formidabile ala destra e personaggio anticonformista (ascoltava jazz e Beatles, dipingeva, vestiva stravaganti abiti disegnati da lui stesso, conviveva in una mansarda con una donna già sposata, cose anche normali oggi, meno nell’italietta degli anni ’60, morì investito il 15 ottobre 1967, mentre usciva da un bar), Giorgio Ferrini ,amatissimo capitano che giocò nel Toro dal 1960 al 1975, collezionando 443 gare (di cui 405 in serie A e 39 gol), giocatore con più presenze ufficiali con la maglia granata, anche lui sfortunatissimo (morì l’8 Novembre 1976 a soli 37 anni, pochi mesi dopo il suo ritiro, da allenatore in seconda del Torino nell'anno in cui i granata tornano, ironia del destino, a cucirsi lo scudetto sul petto) e Orfeo Pianelli, presidente del Toro dal 26 febbraio 1963 al 21 maggio 1982, l’ultimo a conquistare uno scudetto.
Poi foto di gruppo, camminata lungo il perimetro del campo, con omaggio alla curva Maratona, applausi, commozione, slogan, ecc…
Poi la partita con l’Empoli, io scendo e riesco a mettermi tranquillo a metà quasi del primo anello, posso vedermi abbastanza da vicino i giocatori, e inoltre posso ricongiungermi con i miei amici. Niente di chè il match, le difese chiudono ogni spazio, un paio di buone occasioni per noi e per loro nel primo tempo, un paio di tiri fuori di Abbruscato (ma quando si deciderà a buttarla dentro in serie A?) nel secondo tempo, poi il gol empolese non visto dall’arbitro e all’88° il tiro di Comotto che finisce dritto sotto l’incrocio dei pali. E io che salto come un pazzo insieme a Luca, Alessandro, Manuela, Fabio e Nando e agli altri 22662 cuori granata che sono lì a godersi un’indimenticabile domenica. Vinciamo 1 a 0, soffrendo come matti, ma siamo il Toro, e ci va bene così.

Se siete arrivati alla fine di questo post allora dovete per forza beccarvi anche il coro finale che fa:

Là dove andrai… sempre saremo
Questa bandiera…. mai lasceremo
Quella granata…. È la tua gente
Che ti accompagna… e tifa da sempre
COL CALOR!! COL CALOR!! COL CALOR!! COL CALOR!! COL CALOR!! COL CALOOOOOR!!
Sono cent’anni…. che stiamo insieme
Sei la mia vita…. Sei la mia fede
Quella granata.... è la tua gente
Che ti accompagna…. e canta da sempre
TORO ALÈ!! TORO ALÈ!! TORO ALÈ!! TORO ALÈ!! TORO ALÈ!! TORO ALÈ!!
TORO ALÈ!! TORO ALÈ!!

30 novembre 2006

News and Flash

Una buona notizia per incominciare! Sono in ferie!
E pure per tutto dicembre, salvo sorprese!
30 giorni di ferie arretrate da spendere tra montaggio di lampadari a casa, letture dei libri, ricerca dei regali di Natale per la famiglia, viaggio a Taranto per abbracciare mia madre che non vedo da Settembre (e lì mi curerò a focacce, spaghetti alle vongole, scamorze e tarallini), disintossicamento da cooperativa, e se mi riesce mi piacerebbe anche fare un figlio…
Domenica andrò allo stadio per festeggiare i 100 anni del mio Toro, la mia squadra del cuore, che tra l’altro è coetaneo di mia nonna materna, sappiate che vi resoconterò implacabilmente domenica sera su festeggiamenti e partita, mettetevi il cuore in pace…
E mentre sto sorseggiando un soave mirto vi mando il mio commento su qualche notizia di attualità.
Pare che il viaggio del Papa in Turchia stia andando benone, Soul Out in tutte le date del mini-tour! Tra l’altro fino ad adesso i Lupi Grigi non si son fatti vedere troppo in giro, e quindi tutti si sentono rilassati e il buon Ratzinger ha deciso di levarsi almeno uno tra i 12 giubbotti antiproiettile che si sta portando addosso, la precauzione non è mai troppa, e poi tenendo conto che suda come una mucca nel deserto magari viene male in foto, in compenso sta dimagrendo e così può entrare nei vestiti di Woijtila quando torna a Roma.
Il ministro Turco ha un diavolo per capello! Ieri l’ala riformista dell’Unione ha votato un O.d.g. della Casa delle Libertà, in commissione sanità del senato, che rimette in discussione il raddoppio della dose massima di possesso di marijuana proposta dal ministro della salute che intendeva così ricollocare il cuore della legge Fini-Giovanardi sulle droghe. Si ripartirà da zero da una verifica di maggioranza sul programma (sapete quel libretto sventolato da Prodi in campagna elettorale e poi ritrovato nel cassonetto dei rifiuti di Rutelli?), ma una volta tanto mi permetto solidarizzare con la Turco, io ci speravo eccome nel raddoppio della quantità, avevo pure ottenuto dall’amministratore di condominio la duplicazione del mio balcone…..
Siete pronti? Avete preparato trombette, coriandoli, tricchetracche, ricchi premi e cotillons? Come dite? A Capodanno manca ancora un mese? E che c’entra capodanno? Io mi riferisco alla manifestazione del Polo contro la finanziaria che si terrà dopodomani a Roma, dico ci sarà da divertirci! Tutti in piazza a braccetto con il cavaliere a sentire le sue barzellette sporche imparate dai portantini dell’ospedale milanese in cui è stato ricoverato in questi trepidanti giorni, dai non perdere l’occasione. Unico neo la paura dei commercianti lungo il tragitto della manifestazione, ma non per paura delle vetrine rotte dagli scontri tra contestatori noglobal e la polizia, temono molto di più gli espropri borghesi della Santanchè e della Carlucci (il loro motto è “credere, obbedire ed indossare!”).

28 novembre 2006

La Storia
Nato nella calorosa ombra
di una grazia ricevuta
desiderata, ma non richiesta.
E cresciuto nell’assenza
di vizi e soddisfazione
ma tra
l’onestà e le insicurezze.
Con brevi filmati
(non rimasti a nessun altro)
che scorrono sugli occhi
assieme ad essenziali sensazioni
nei polmoni e sulla pelle.
Poi lo scoprire di un fitto vociare
e di risate, rumori suoni, squilli di telefono e
campanelli
la festa di un’età che ti rincorre
mentre giochi a diventare un uomo
e tra cento facce e le loro cento voci
sapere che solo con altri due
ti potrai coprire le spalle
dai fulmini che non aspettano che
diventi invulnerabile ad inevitabili addii e arrivederci.
Adesso che le ossa han terminato di crescere,
la pelle si è scurita,
la barba è ormai dura da anni
vedi le ore passare otto per volta al giorno.
E pensi che l’inferno non esista
perché Dio non si può separare dai suoi figli
così che senti che chi è partito
tornerà a ridarti quell’anello che gli affidasti per compagnia
un sospiro sostituisce lacrime che non scendono.
E, io so, tu sai
l’amore va, viene, esce improvvisamente dalla porta
da cui era entrata
ti lascia con la vista del soffitto bianco
in una serata senza temperatura.

24 novembre 2006

E la chiamano democrazia…

Ieri sono rimasto particolarmente turbato dalla notizia della serie di attentati avvenuti a Sadr City, il noto “sobborgo” sciita di Baghdad (che tanto piccolo non è visto che conta 2 milioni di abitanti, più del doppio della mia città), e che sono costati la vita a 157 persone. A commettere il massacro sarebbero stati i Sunniti, l’etnia una volta al potere con Saddam.
Io non so voi, ma a casa mia questa si chiama guerra. Guerra civile per la precisione.
Da fonti ben informate apprendo che il tutto è iniziato nel marzo 2003, quando le truppe anglo-americane, supportate da contigenti di altre nazionalità come la Spagna, l’Italia, l’Australia, hanno invaso l’Iraq, dopo aver fatto le prove generali in Afghanistan l’anno prima.
L’obiettivo era sovvertire il regime terroristico di Saddam Hussein, trovare le armi di distruzione di massa in mano agli Iracheni che avrebbero terrorizzato il mondo civile ed occidentale, smantellare la rete terroristica di Al-Quaeda complice di Saddam ed esportare la gioiosa e salutare democrazia cristiano-giudaica, progenitrice delle sovranità popolari Europee e Americane.
Ora dopo alcuni anni di occupazione nel paese, l’istituzione di un governo fantoccio, diverse migliaia di morti nelle forze militari “democratiche” e diversi milioni di “inopinati” decessi nella popolazione civile, l’istituzione di un codice giuridico fondato sull’Islam più arcaico, per i due capi di Stato di Usa e Gran Bretagna, il duo Bush&Blair, cominciano a scricchiolare le sedie sotto il culo (perdonate il neologismo), e gli iracheni si ritrovano ridotti alla fame e alquanto “terrorizzati”, mentre le armi di distruzione di massa si sono rivelati una ventina di tubi di acciaio arrugginiti dimenticati in un hangar.
Certo i soldati a stelle e strisce hanno catturato Saddam, non prima di aver assassinato quei parenti (i due figli) a cui lui stesso Rais non aveva fatto in tempo a spedire al creatore, destino a cui lui stesso sembra destinato visto l’esito del processo tenuto a suo carico. Ovviamente Saddam meritava un giusto procedimento giudiziario, visto che ha gasato il suo migliaio di curdi, ridotto al silenzio l’etnia sciita, mercanteggiato in armi (ma di piccola e media taglia), invaso un paese sovrano (il Kuwait) e commesso diverse altre porcate. Ma che serve ucciderlo? Non a molto visto che non sarà più in grado di prendere il potere, ma ad alimentare la spirale guerra-terrorismo quello sì. Pare che il ricorso alla condanna a morte, abolita in Europa a partire dalla fine dell’800 con un lungo processo completatasi dopo la II guerra mondiale, sia ancora un assunto valido nell’esportazione della democrazia dal blocco occidentale. Strana contraddizione. Anche perché i curdi sono perseguitati pesantemente anche in altri paesi come la Turchia, a cui però ci si prepara ad accogliere (anche se non proprio col tappeto rosso) nella Comunità Europea, e non si pensa neppure a chiedere un processo a Erdogan e compagnia bella per genocidio.
Così va il mondo amici. Ognuno ha la democrazia che merita. Difficile dire chi può insegnarla all’altro, da noi ci pensa una classe politica divisa tra chi broglia le elezioni e manco riesce a vincerle e chi scrive una finanziaria facendosela dettare da Montezemolo.
Proprio nelle buone mani direi.

21 novembre 2006

PiomboTorino

Pochi e rapidi pensieri dedicati ad una mattinata, quella di stamattina, in cui l’impatto con la vita e la città si presentava grigia ed umida.
Torino in versione autunno-inverno è così.
Pensate ad un risveglio dilatato per un buon quarto d’ora, pensate al silenzio di un appartamento immerso nella penombra, pensate a gesti sfumati che vanno alla ricerca di mutande e calze nel cassetto vicino al letto, pensate a quelle movenze meccaniche che compi in bagno che durano per enigmatici minuti, in cui tu perdi la lucidità psicofisica, trovandoti, al fine, inopinabilmente, vestito in modo pesante, con un gusto di menta e caffèlatte nella bocca e il mazzo di chiavi della macchina e di casa infilato nella tasca sinistra dei jeans. Ti poni la domanda: e adesso che faccio combinato in questo modo? Semplice: scendi di casa e vai a lavorare.
E fin qui niente di nuovo per nessuno vero?
Ma provate a scendere per strada e trovarvi alla periferia Nord-Ovest di Torino.
Esiste una sensazione visiva e olfattiva che ti suggerisce la presenza intorno a te di piombo.
E poi chiudono il centro alle macchine inquinanti! Ma i polmoni della maggior parte dei cittadini, magari a reddito basso o medio-basso, contano meno delle aristocratiche superfici dei monumenti o delle facciate di palazzi e chiese?
E allora come puoi sentirti bene sotto questo cielo plumbeo e in mezzo a questo effluvio di industria metalmeccanica? Bene come stare al mare. Bene come l’ultimo giorno di scuola. Bene come fare l’amore. Bene come ad una manifestazione pacifista a Roma il giorno di S.Valentino di qualche anno fa. Bene come dopo un derby vinto contro la Juve (lo so, è passato davvero tanto tempo…). Bene come quando si sta intorno ad una birra insieme ai tuoi migliori amici. Bene come dopo un primo bacio. Bene come quando leggi un libro che tu pensi sia stupendo. Bene come quando un bambino di pochi giorni ti scruta curioso e sicuro mentre sta tra le tue braccia.
No. Non ci si riesce. E allora ti capita di essere un po’ triste e malinconico.
Fino a quando decidi di avere pazienza di aspettare. Aspettare che arrivi il tempo delle vacanze, di vedere la persona che ami, di vedere la tua squadra del cuore diventare davvero più forte degli odiati cugini (anche solo per una domenica), di festeggiare la fine di una guerra, di darti un appuntamento con i quelle persone che non ti tradiranno mai, di aprire quel libro che tanto t’incuriosiva e che hai comprato da Feltrinelli, di tornare da Luciano&Michi per vedere quanto è cresciuto Simone….

Gli uomini che hanno una tempestosa vita interiore e non cercano sfogo o nei discorsi o nella scrittura, sono semplicemente uomini che non hanno una tempestosa vita interiore
(Cesare Pavese)

17 novembre 2006

Memorie da una manifestazione

Oggi quando sono arrivato in piazza Albarello vedo una folta schiera di ragazzini intorno ad un paio di camion che faranno da sound system, dagli altoparlanti si sentono già le note dei Punkreas che cantano i benefici della cannabis, ma per raggiungerli devo oltrepassare il tramezzo dei celerini, che si scambiano commenti e sguardi verso chi arriva al concentramento della manifestazione. Ma oggi si limiteranno a fare da cornice. Oltrepassando gli studenti medi, incontro lo “spezzone sociale” degli antagonisti e degli squatters, vedo Rosy appoggiata ad un lampione e le faccio un saluto, lei mi risponde un po’ distratta mentre chiacchiera con aria stanca con un suo amico, un passo e gli attivisti “NoTav” mi sono annunciati da Andrea e Paola con le loro inmanchevoli bici coperte di adesivi antiglobalizzazione, ci scambiamo pacche sulle schiena e mi faccio ragguagliare sullo stato della sezione Torinese di Emergency, di cui loro sono la mente organizzativa e telematica. Arrivo finalmente alla testa del corteo che si sta ancora costituendo. Le varie sigle del sindacalismo di base, Cub, Cobas, Usi, Sin.Cobas, R.d.B., si contano e si distribuiscono bandiere e striscioni. Finalmente vedo Stefano e gli appoggio una mano sulla spalla, ci salutiamo, scambiamo alcune chiacchere, m’informo sulla solidità di una cooperativa che ha assunto una mia amica a tempo determinato e la ha inquadrata come socialavoratrice, pare che ci si può fidare, ci chiediamo dove sono Marco e Riccardo. Il primo spunta dopo un quarto d’ora con fidanzata e bandiere del sindacato e me ne affida una (di bandiera s’intende). Non lo vedrò più e così mi porterò i colori della mia confederazione fino al mio ritorno a casa. Sono le 9.43 quando il corteo parte; io mi faccio un paio di giri per tutta la lunghezza del serpentone, per farmi un’idea del numero di partecipanti, non sono bravo in questi calcoli, ma mi pare che in tutti siamo in 1500, non male per i precedenti. Vedo Luchino con gli anarchici, vorrei fargli gli auguri per essere diventato papà da poco, ma mi si para davanti Riccardo che mi chiede dove mi fossi cacciato fino a quel momento…. Io invece gli chiedo se mi ha portato una maglietta di “Radio Black Out”, ma niente da fare si è dimenticato. Peccato ci tenevo. Risaliamo il corteo e con un sorriso felice Vito mi tende una mano e il giornale del suo nuovo partito, quello del Partito Comunista del Lavoratori, costo 2 Euro, a lui non posso dire di no, è il nonno che non ho mai conosciuto, mi racconta che alla manifestazione di sabato per i diritti del popolo palestinese che si terrà a Roma le Ferrovie non hanno accordato il prezzo ribassato alle delegazioni che vogliono raggiungere la capitale con i treni, la colpa, per Vito, è delle pressioni di Margherita, comunità ebraica, Libero e…. Sandro Curzi, perché Rifondazione ha puntato tutto per la più ecumenica manifestazione di Milano in cui, con le altre forze dell’Unione, si chiede la pace Israelo-Palestinese attraverso la formula “2 popoli-2 Stati”. Forse quella di Vito è fantapolitica. O forse no.
La manifestazione continua così tra chiacchiere tra amici che s’incrociano, con la rituale domanda: “ma che ne pensi della finanziaria?”, le risposte variano dal “fa schifo” a “governo amico un paio di cogl..ni!”, ma ho sentito anche dei “non è tutta da buttare, solo il 90%”, e “… pensa se fosse rimasto Berlusconi?!”. In via XX Settembre Gippò mi annuncia che domani andrà a Parigi per studio, beato lui! Ma mi assicura che torna fra un mese, in tempo per il Natale.
Dina e Gianfranco condividono con me lo stile nomade di chi va giù e su per il corteo. Tra poche settimane il loro contratto di lavoro non sarà rinnovato all’Istituto di Riposo in cui operano, ormai neanche nel pubblico c’è la sicurezza del posto fisso, si vede che sono amareggiati, ma non riescono a non essere tristi, o forse Gianfranco approfitta della cosa per evitare il discorso matrimonio?
Lo stuolo delle tipologie di precari è considerevole, ma oggi spiccano alcune categorie… “atipiche”, ci sono: vigili del fuoco, operatori della Croce Rossa, impiegati dell’Università.
Una volta non s’immaginavano che certe categorie potessero subire la flessibilità del mercato del lavoro, invece ora non ci sono più isole felici, e con le leggi sulla privatizzazione dei servizi, tutto può precipitare.
Arriviamo in piazza Castello. Comizi. Saluti. Appuntamenti per le prossime riunione ed iniziative.
Rivedo Stefano, mi dice che eravamo in 3500. Non male. La prossima volta facciamo venire gli altri 994000 torinesi che non sono venuti!

12 novembre 2006

Sofferenza scaricata.

Ci sono cose che definire ripugnanti è svalutante.
Perché non rende l’idea della sofferenza, del vergognoso, dell’angoscioso che provocano nelle persone che le subiscono.
È il caso del video di un ragazzo affetto da sindrome di Down torturato dai compagni di classe.
191 secondi di sberle calci, insulti e lanci di libri ed insulti nazisti documentati in un filmato che è diventato uno dei più scaricati da internet, come se fosse l’ultimo singolo di Britney Sperars.
Ma l'associazione Vividown, che ha scoperto la circolazione del video e che vuole scoprire chi ha realizzato il video e ha effetuato violenza sul disabile ha denunciato anche Google: "Vista la capacità di diffusione - scrive l'avvocato Guido Camera - è evidente che attento e consapevole deve essere il controllo dei video che possono essere scaricati dal sito".
Il video poi mostrava come molti altri ragazzi all’interno della classe non siano intervenuti durante l’accaduto ed abbiano tenuto un comportamento omertoso.
Ci si chiede se il video sia originale o frutto di finzione.
Ma alcune cose rimangono.
Come si può sfruttare la violenza ad un disabile per realizzare un video da girare su Internet e concretizzare la soddisfazione di vederlo tra i più scaricati?
Come si può credere che la scuola sia luogo di educazione ai valori d’integrazione e tolleranza se vi si celano certe risacche del peggior fascismo?
Una volta mi sono imbattuto in sito di una casa editrice che pubblicizzava una collana di libri di pensiero politico che aveva tra i suoi titoli “Il mistero dei Mongoloidi”, inutile dire che il contenuto era di chiaro tipo nazista e razzistico. Ecco l’essenza di tali ideologie: forti con i deboli e deboli con i forti.
E il ruolo di chi ha scaricato il video?
Possibile che si tratti di una finzione, di uno scherzo come detto, ma comunque non cambierebbe molto. Chi ha cliccato centinaia di volte non lo sapeva. E lo ha fatto irretito dalla denominazione “Video divertenti” del sito da cui si scaricava il filmato.
Internet è questo.
Internet è meglio.
Internet è anche peggio.
Internet siamo noi. Noi che navighiamo, clicchiamo, scarichiamo, scriviamo, leggiamo, visioniamo, ecc…
Internet è la società. Se qualcuno si diverte a maltrattare una persona indifesa per divertimento e lo fa circolare sul web e la cosa fa successo è segno che la società ha sete di queste emozioni, è segno che c’è una grave malattia tra le persone. L’idiozia. O ha un altro nome? Forse fascismo?

09 novembre 2006

Mi chiedo se troverò qualcosa nel mio cammino

Mi chiedo se troverò qualcosa nel mio cammino
Sforzandomi non trovo molto all'orizzonte
Ma si sa
Nessuno sa vedere in fondo al destino
Cosa devo fare dunque?
Nella mano trovo tante formiche
Poi volgo lo sguardo fuori dalla finestra
Una cassa da morto scivola sul viale
Ma è veloce, e si perde via
Faccio un grosso respiro
Corro fuori
Scendo svelto le scale
Come sono lunghe queste scale
Mi sembra di cadere, una, due, tre volte
Arrivo alla fine
C'è la strada
E ballo, ballo
Una musica che sento solo io
Anche perché non c'è nessuno vicino a me
Mi butto per terra
Riprendo, tranquillamente, fiato
E poi lievito
Il mio corpo, disteso, si alza in volo
E velocemente torno sul balcone di casa mia
Mi accomodo su una sedia
Ho la tua cartolina in mano
Che tu lo pensi o meno
Sarà sempre importante per me questo ricordo di te
Fra un paio di giorni comprerò una bicicletta
Ci girerò tutta la città
Imparerò ad inforcare per bene ogni curva
Sarò brillante ad usare il cambio
Sempre più bravo, sempre più veloce
Con l'aria che mi pungerà la pelle del viso appena rasata
Così taglierò i miei traguardi
Ma ci sarà qualcuno a baciare il campione?
Devo cambiare pagina
Ho bisogno di nuovi sogni
E il domani per me è sempre così affascinante
Quale nuova scoperta farò?
Aspettate, aspettate
Appena la vivrò, ve la racconterò

06 novembre 2006

Giovani, carini, precari ed anche un poco scazzati.

Leggo dal sito de “La Repubblica” i risultati del sesto rapporto dell'istituto "Iard" (Istituto sulla condizione giovanile in Italia) che ha cercato di analizzare il cambiamento dei giovani italiani, realizzando una comparazione con le altre indagini svolte in questi anni, a cominciare dal 1983.
Da questa analisi emerge un quadro che convalida dati risaputi, ma anche pone alcune novità sul quadro della discussione sull’attualità della condizione giovanile, infatti sono confermate alcune tendenza negative, come la percentuale dei giovani che vivono stabilmente fuori dal nucleo familiare di origine, se nel 1983 infatti era uscito di casa il 17% dei 15-17enni, oggi soltanto il 3%, per i 18-20enni si è passati dal 39% al 25%, solo dopo i 25 anni si registrano le prime consistenti uscite di casa, spesso in concomitanza con il matrimonio o la convivenza, tuttavia: quasi il 70% dei 25-29enni e oltre un terzo tra i 30-34enni (36%) vive ancora con i genitori. Il perché risiede in alcuni fenomeni come percorsi di studio più lunghi che in passato, con un ingresso più tardivo nel mondo del lavoro, si pensi che tra i 25-29enni c'è ancora un 35% di giovani che non lavora e tra i 30-34enni è il 23%, si segnala anche l’effetto della precarizzazione del mercato del lavoro, che ha però segnato un'inversione di tendenza rispetto ai dati del 1996, con una maggior partecipazione giovanile al mondo del lavoro e il difficile accesso al mercato del credito e della casa.
In considerazione di ciò non stupisce che i dati che riguardano la percezione del futuro segnalino che la visione dell’avvenire è quella di un vasto campo di possibilità, sempre aperto, in cui le scelte di vita più importanti non sono "per sempre" (dal 49% del 1996 al 54% del 2004).
La considerazione dei valori della vita rimane comunque classica, tant’è che “la salute”, ad esempio, raccoglie il consenso della quasi totalità del campione (92%), seguita a pochi punti percentuali dalla famiglia (87%) e dalla pace (80%, a pari merito con il valore della “libertà”). E ancora: l'amore (76%) e l'amicizia (74%). Mentre sorprende l'importanza attribuita al valore della solidarietà: negli ultimi otto anni passa dal 59% dei consensi al 42%. "Le cose importanti per i giovani - spiega il presidente di 'Iard' Antonio de Lillo - sono sempre più quelle legate alla sfera della socialità ristretta, a scapito dell'impegno collettivo". Infatti anche l’altro lato dell’impegno collettivo, ovvero la politica, segna il passo con appena il 4% che dichiara di fare partecipazione attiva a questo materia; mentre cresce d'altro canto, dopo un'inversione di tendenza registrata nel 1996, l'atteggiamento di delega (il 35% pensa che si debba "lasciare la politica a chi ha la competenza per occuparsene", contro il 26% del 1996).
Dati contrastanti sulla fiducia, dagli anni 90 ad oggi, nei confronti di molte istituzioni: gli insegnanti, la polizia, i militari di carriera, le banche e gli uomini politici, tutti comunque in ribasso rispetto agli anni 80. Incuriosisce, ed anche sorprende, che si registri un crollo della fiducia da parte dei giovani nei confronti della televisione: si passa dal 47% di coloro che si fidavano della televisione privata nel 1996, al 33% del 2004; e per quella pubblica dal 53% dei consensi si passa al 38%. La metà del campione, infine, si fidava dei giornali nel '96: percentuale lievemente in discesa nel 2004 (meno 6%).
In conclusione. Da questa relazione direi che finalmente si scacciano alcuni luoghi comuni come quello che i giovani rimangono a casa dei genitori perché mammoni ed incapaci di stirarsi una camicia ed una gonna o cucinarsi una pasta (cose che il sottoscritto è capace a fare da quando aveva 14 anni, e proprio perché me le ha insegnate mia madre), ma perché l’accesso al lavoro, condizionato da contratti flessibili, trasforma la vita delle persone in “esistenze a progetto” in cui sono precluse l’accesso ad alcuni bisogni come l’indipendenza, in poco parole, diminuisce la stabilità di un reddito come diminuisce la possibilità di permettersi un mutuo od un affitto (quelle sì che sono un dato economico in perenne crescita), non dovrebbe quindi stupirci che dagli umori dei giovani traspare un sottile ricorso all’egoismo, che penso indotto dalle condizioni ambientali, forse come meccanismo di difesa. Viene da chiedersi se sia attuale o meno quella dichiarazione di Norberto Bobbio, che molti anni fa mi aveva molto colpito, e che diceva: “I giovani che valgono veramente fanno volontariato, gli altri politica”, una bella provocazione da parte di uno dei padri della nostra repubblica. Comunque penso che la classe sociale di appartenenza influisca ancora molto sulla percezione del proprio presente e futuro. Credo, per averlo visto in presa diretta, che un un ragazzo/a che proviene da buona famiglia si preoccupi comunque meno di un suo coetaneo che arriva dalle case popolari di periferia se si ritrova in mano un contratto di tre mesi in una ditta, poiché può fare ricorso a sicurezze familiari che gli fanno da paracadute in caso di periodi in cui l’occupazione non c’è…..
E comunque, se Emilio Fede fa il direttore di telegiornale, Mastella il ministro e Materazzi vince un mondiale di calcio, beh…. Sembrerebbe bastare tirarsi su le maniche, in qualche modo, anche noi per farcela! O è una faccenda di calci nel culo?

04 novembre 2006

Una magia in Novembre.

Stamattina mi sono visto con la mia amica Angela per fare colazione. Lei mi ha dato appuntamento in un bar di Piazza Statuto (che si trova in centro, per i non torinesi), e vi siamo giunti contemporaneamente. Decidiamo di sederci in una elegante saletta e io, visto che è stata lei a scegliere il posto, nascondo il timore che lì un cappuccino e brioche mi verrà a costare come una cena in trattoria, ma è lei che mi toglie dall’imbarazzo leggendo il menù ed esclamando: “2 euro e 20 centesimi un caffè? Sti cazzi!” (adoro il linguaggio diretto di questa mia amica).
Decidiamo di fregarcene, ordiniamo ed iniziamo a chiacchierare; così, sarà che abbiamo un certo feeling comunicativo collaudato, finiamo per chiacchierare di certi imperfetti aspetti delle nostre vite. Entrambi lavoriamo nel sociale, ed entrambi con contratti a tempo indeterminato, ma ciò non toglie che nella professione come nel personale spesso “volere” e “potere” sono due concetti lontani da quella proiezione ideale che ci aspetteremmo. Per capirci: io mi lamentavo di come ogni anno mi accorgo che a lavoro le risorse materiali e la disponibilità umana, mia e dei miei colleghi, siano due dati di fatto in rapporto tra loro in modo direttamente proporzionali, ed entrambe al ribasso. Angela concordava e rilanciava col suo mal di schiena generato da anni passati ad effettuare movimenti poco ergonomici sul luogo del lavoro per la movimentazioni dei carichi. Poi il discorso passava sugli affetti e lì si spaziava mischiando sarcasmo e preoccupazione a seconda se ci riferivamo a ”certi tombeur des femmes” o alla famiglia o alle amicizie in comune.
Così verso la fine della chiacchierata dovevo constatare che:
“Sì, vabbè , Angela… ma è che se ci si vede e ci si parla sempre delle stesse sfighe tra noi operatori del sociale.”
“Eh sì caro... almeno per il lavoro hai ragione. Ognuno comunque ha amici che non stanno nel mondo del sociale a cui parlare di affettività.”
“Di certe cose non ne parli quasi mai quando sei con altra gente?”
“Può capitare, ma non è che sopporti molto tutta l’altra gente
“Ma diciamocelo… per ritrovarci a constatare che l’opinione pubblica ti guardi come un extraterrestre accetti di buon grado di ritagliarti un piccolo mondo di persone fidate con cui chiacchierare con un linguaggio comune, magari sempre sugli stessi argomenti…”
“Un mondo precario…
”Già…”
Ebbri di tanta filosofia a buon mercato, paghiamo il conto di 8 Euro per un caffè macchiato (“ma cazzo perché me lo macchiano sempre se non glielo chiedo” si era domandata inutile Angela), un cappuccino e due brioche, e usciamo a contatto con la fredda mattinata torinese, così novembrina dopo un Ottobre relativamente temperato.
Angela vuole comprarsi dei nuovi stivali, sbircia le vetrate dei negozi di Via Garibaldi, ma rinuncia, prezzi e qualità improponibili.
Così finiamo imprevedibilmente in una mostra d’arte contemporanea agli “Antichi Chiostri” di tale Varrè che adoperando legno, vernice e polveri minerali ha realizzato delle opere pittoriche sul tema della Musica, ispirandosi a canzoni, musicisti, strumenti e quant’altro.
Una piacevole sorpresa per me ed Angela. Come una magia. L’astrazione artistica ha un fascino singolare. Anche per degli inesperti come noi due.
Le superfici brillanti, le forme e le ombre reinventate, la tridimensionalità levigata… ri-architettare il mondo come meglio ci pare, senza violenza, senza prevaricazione, senza precarietà ma con il ritmo musicale a scandire le emozioni di stare insieme.
È un pensiero sicuramente troppo veloce, troppo elettrico, magari superficiale.
Ma parliamo di una magia, un breve artifizio, per strappare un sorriso in una giornata condita da mattinieri discorsi esistenzialistici.
Proprio solo una magia.
E almeno quella è stata a buon mercato.

02 novembre 2006

Scritti Corsari

Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia.” (Pier Paolo Pasolini da "Cos'è questo golpe? Io so" sul Corriere della Sera, 14 novembre 1974).


L’inizio del Post di oggi è istintivamente dedicato alla memoria di Pier Paolo Pasolini nel trentunesimo anniversario della sua morte.
Se fosse ancora vivo avrebbe 84 anni, sembra strano immaginarlo vecchio, segnato dalla decadenza fisica e magari intellettiva. Magari se ne sarebbe andato via comunque prima di raggiungere quella veneranda età, magari non avrebbe sopportato di vedersi incanutirsi irreparabilmente, lui così attento alla forma fisica, uomo dalla figura sempre asciutta e ben allenata.
Ma se la sua vita non si fosse spezzata in quella violenta, quanto misteriosa, notte sul litoraneo laziale di Ostia, quali altre opere artistiche, civili, umane avrebbe regalato all’umanità? Come avrebbe compreso l’attualità italiana, e non? Come si sarebbe levata la sua voce, così delicata e chiara, dalle interviste televisive che i giornalisti gli avrebbero fatto per sapere il suo punto di vista, magari sull’ascesa al soglio pontificio di Papa Woityla o sulla tragedia di Ustica o sul dirottamento dell’”Achille Lauro” o sulla “Perestrojka” di Gorbaciov o sulle geste di Diego Armando Maradona….
No, noi non lo sapremo mai il suo punto di vista. Ma non importa. Perché Pasolini, che con le sue opere ha aperto le porte delle tematiche e delle ambientazioni dell’arte, della cultura, della comunicazione a chi non faceva parte di quella èlite privilegiata borghese che prima di allora era l’unica protagonista della letteratura, del cinema, del teatro, ci ha lasciato quelle atmosfere, quelle testimonianze, quei messaggi, ora crudi ora angelici, che ci disegnano una “coscienza/conoscenza” utile per desiderare e creare un mondo migliore.
Forse è quindi meglio che lui non si sia imbattuto nei Mastella, nei Borghezio, nei Grandi Fratelli, nelle Valeria Marini, nei Bush, nei Osama Bin Laden, nei Moggi, nei Swarzenegher, nei Dolce&Gabbana, nei Briatore, nelle Simona Ventura, ecc… che riempiono la nostra quotidianità; ha pagato abbastanza il diritto alla libertà nella sua vita per sobbarcarsi il dispiacere di confrontarsi con tutta sta paccottiglia umana…..
Ma noi che rapporto abbiamo con la libertà?
Se tornasse un Pasolini lo riconosceremmo o lo metteremmo in fila con tutti quei mezzibusti catodici che già affollano la nostra conoscenza?
E se Gabriele Torsello telefona all’Ospedale di Emergency per sapere come sta suo figlio, perché cazzo non lo rimandano qui, così lo scopre di persona, che la bolletta del telefonino comincia ad essere un po’ lunga?

31 ottobre 2006

Carriarmati a Ceppaloni.

“Si stava meglio quando si stava peggio!”
Alzi la mano chi non ha sentito questa frase almeno un centinaio di volte nella sua vita.
È forse la frase principe di tutti i luoghi comuni.
Per ciò, per qualcuno, era meglio quando c’era Mussolini o Craxi.
Per qualcun altro il riferimento è più intimo ed è legato ad un precedente status sociale, ad esempio: magari ieri era un impiegato Fiat, aveva 28 anni, eri vessato dal capoufficio, iscritto al sindacato “giallo” (cioè padronale) della Fismic per il solo motivo di avere chi ti compilava la dichiarazione dei redditi, ma con un contratto a tempo indeterminato, oggi invece è sei in cassaintegrazione da un’anno e mezzo e sei iscritto alla Fiom-Cgil, hai 48 anni e sai che sei praticamente fuori dal mercato del lavoro, magari provi pure a contrattare, con insuccesso, una buonuscita con Marchionne e Montezemolo per non rompere più i coglioni all’azienda. Tu si che stavi meglio quando stavi… meglio tu e basta!
E forse si stava meglio quando si stava peggio lo stanno pensando anche una buona parte dei cittadini di Napoli e dintorni, che stamattina e oggi pomeriggio hanno visto altri due drammi perpetrarsi nella loro città, ovvero l’ennesimo omicidio nelle vie cittadine (il quarto in quattro giorni) e la visita del ministro Mastella. Solidarietà per entrambe le tragedie.
Mastella, oggi a Napoli per incontrare il suo omologo francese Pascal Clément, ha aperto all'ipotesi dell'impiego dei soldati a Napoli dichiarando che: "Prima era un tabù anche per me ma adesso sono aperto alla discussione. Se l'esercito viene a risolvere questo problema annoso non è male".
L’ipotesi di una Napoli militarizzata m’inquieta molto, più che altro perché già vai avanti per le strade della metropoli partenopea avanzando un metro ogni quarto d’ora, se ci metti anche i carriarmati nelle vie, costringi i cittadini a fare cose impensabili, tipo ad andare a piedi! Nooooo! Un Napoletano a piedi noooo! Non si è mai visto! Lì impari a guidare prima di prendere la licenza elementare!
E poi mi torna in mente l’utilità dell’esercito in Sicilia, ai tempi delle famose operazioni denominate “Vespri Siciliani”, che consistevano nel fare il picchetto a Prefetture, municipi, ed altri uffici pubblici e non. Uno schiaffo alla Mafia, non c’è che dire! Che infatti era costretta a far saltare in aria i giudici lungo le autostrade o nelle periferie, quando andavano a trovare la mamma, e non più in centro città come a i bei tempi di quando si ammazzava Chinnici o Dalla Chiesa.
Ed infatti Mastella precisa che si potrebbe utilizzare l'esercito per rimuovere i rifiuti. È notorio che ciò che spinge un giovane Napoletano ad entrare nella Camorra e a pistolettare per la città sia la vergognosa presenza dei rifiuti per le vie urbane.
Bene! Ecco cosa vuol dire mettere a fare il ministro uno che piglia l’un per cento alle elezioni. La cazzata è sempre dietro l’angolo!
Personalmente piuttosto di assecondare il leader dell’Udeur mi tocca essere d’accordo con l'arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, che in un' intervista al Tgr della Campania sostiene che serve "una formazione alla cultura della legalità". Sepe , quindi, boccia l'idea dell'invio dell'esercito sottolinendo che le forze dell'ordine "lavorano tanto per rispondere a tutte le emergenze", ma senza la prevenzione "non troveremo alcuna soluzione né con esercito né con altre forme di repressione”, che sembra quasi che l’abbia detto il “disobbediente” Caruso una cosa così ed invece è proprio l’arcivescovo di Napoli a proferirla, anche se poi gli tocca agitare il sangue di S.Gennaro per far star buoni i suoi fedeli.
Comunque io tirerei via i soldati dall’Afghanistan e li manderei a Ceppaloni, e li farei presidiare la casa di Mastella, quella sì che sarebbe una missione umanitaria. Per noi, ovviamente…

27 ottobre 2006

Un gabinetto per Vladimiro

“….ovvio il medico dice "sei depresso", nemmeno dentro al cesso,possiedo un mio momento…”
(L’avvelenata - Francesco Guccini)

Quando ho saputo che Rifondazione avrebbe candidato Wladimir Luxuria al parlamento mi chiedevo se la scelta (comunque giusta) di destinare uno dei propri seggi ad un esponente del movimento per il riconoscimento dei diritti GBLT (gay lesbo bisex e trans)fosse ricaduta sulla persona più adatta. La conoscenza che avevo di Wladimir Luxuria, nome d’arte di Vladimiro Guadagno, era molto parziale e si riferiva alle sue performance d’intrattenitrice radiofonico su Radio Capital o televisivo su All Music, di cui ero stato spettatore casalingo, e l’inquadrai per essere uno di quei personaggi particolarmente kitch come molti se ne vedono in tv, che marcia molto sui doppi sensi relativi alla propria scelta sessual-estetica. Mi stupii (positivamente) quindi quando lessi alcuni suoi articoli su “Liberazione”, nelle vesti di direttore artistico del gay pride, mi sembrava avere accenti ben diversi dalla persona che squittiva e inveiva ambigua da radio e tv (ma anche teatro e cinema), trovavo i suoi scritti molto profondi e seri, ben documentati e capaci di andare diretti al nocciolo della questione. Fino a quel momento il volto politico del movimento dei gay era affidata da anni all’ex presidente dell’Arcigay Grillini, da almeno tre legislature deputato dei Ds, noto frequentatore di salotti televisivi, ma che nel suo agire politico non mi sembra sia mai riuscito a portare avanti nessuna iniziativa politica veramente di nota. In questi primi mesi da deputata Wladimir Luxuria ha avuto inizialmente un grande momento di notorietà; fotografata, intervistata, ripresa dalle telecamere, soggetto di servizi dei rotocalchi, la prima deputata transgender in 60 e più anni di storia del parlamento repubblicano, è stata l’esponente politico su cui le attenzioni, a volte vojeuristiche, dei mass-media hanno più chiacchierato nei primi giorni postelettorali. Dopo le attenzioni si sono attenuati e Wladimir, che comunque nelle sue dichiarazioni politiche si è sempre dimostrato misurato e garbato, è tornato a dividersi tra la sua movimentata vita artistica e quella più impegnata di parlamentare, ma senza dare luogo a particolari scalpori. Almeno fino a oggi pomeriggio.
Roma, ore 14.15, bagni della camera. Come ogni essere umano che si rispetti Wladimir, si reca al bagno per espletare i suoi bisogni fisiologici, l’incombenza come sempre è compiuta nel bagno delle donne, visto che Luxuria si è sempre riconosciuta nel genere femminile, ma alle sue spalle Alessandra Gardini, ex attrice, ex conduttrice rai, ex portavoce di Berlusconi, ora deputata di Forza Italia, sbotta che il deputato Guadagno non può usare il bagno delle donne, ed in un impeto di democrazia, larghezza di vedute e nobiltà sgrida le addette alla pulizia per aver fatto entrare Luxuria – Guadagno nel bagno delle donne per poi correre dai Questori della camera a fare la spia. Wladimir rimane scioccato, ma per fortuna i questori stoppano la Gardini poiché “Le scelte relative alla propria identità sessuale appartengono alla sfera personale e come tali vanno rispettate”.
La politica c’insegna nuovamente che la spocchia dei potenti (a volte finti potenti) non conosce limiti, neanche quando si va a pisciare. La Gardini che è membro della commissione Affari Sociali ma non sa dell’esistenza della Consob (l’organo di controllo della Borsa), questo lo sappiamo dalle Jene, l’ha presa a male, e poichè visto che non è riuscita a diventare Presidente della Camera vuole essere imperatrice del cesso. La promiscuità sessuale, intesa come frequentazione di ambienti, stili di vita, abitudini da parte di ragazzi e ragazze in modo indiscriminato è un dato di fatto piuttosto comune nella nostra società. La domanda è quindi d’obbligo: Ma in che mondo vive la Gardini? A Bacchettopoli?

Appendice: una cosa seria.
Sono 15 giorni che Gabriele Torsello è in mano ai suoi rapitori talebani.
Ricordiamocelo ed esprimiamo il desiderio di riaverlo al più presto con noi, almeno per dirgli in faccia che con quella barba è terribilmente demodé.

26 ottobre 2006

Sfiga ad Personam

Leggo pari pari dalla seguente Ansa: ROMA, 22 OTT - Portar 'sfiga' non e' reato: non e' passibile di condanna penale chi augura la cattiva sorte ad un'altra persona . Lo sottolinea la Quinta sezione penale della Corte di Cassazione che ha parzialmente annullato la sentenza del giudice di pace di Genzano con la quale - nel 2005 - un trentenne era stato condannato per ingiurie e minacce. La condizione e' che il malaugurio si limiti ad essere una 'previsione' e non sia fatto nulla di concreto affinché si realizzi.

È ovvio… credo che abbiate imparato a conoscermi no? Cosa mai pensate che mi potesse suggerire questa notizia?
Questa non è altro che l’ennesima legge ad personam che il Cavaliere di Arcore si è fatto realizzare per sfuggire alla giustizia!!!!!
Infatti è ormai settimane che il nostro impareggiabile Silvio B. (noto anche come tessera P2 n. 1816) sta gufando contro il governo Prodi, che secondo lui non reggerà il voto sulla Finanziaria, e si dice pronto a tornare con le sue truppe a Palazzo Chigi (Casini e Fini permettendo).
Ma come di già?
Vabbè io sono per la libertà di parola, ma qui siamo alla reiterazione di reato!
Capisco che questa Finanziaria sia innovativa come un San Remo condotto da Pippo Baudo, abbia i criteri di redistribuzione del reddito ispirati dallo sceriffo di Nottingham, per non parlare che sui fogli di Padoa – Schioppa ci sono evidenti segni di rossetto lasciati da Montezemolo (si sa i neolibersti sono molto affettuosi tra loro), ma la sfiga che Berlusconi ci lancia non oltrepassa i confini di tutto ciò?
Penso di sì e credo che lui lo sappia e che lo sappiano anche i giudici della Quinta sezione penale della Corte di Cassazione che, per evitare che qualcuno denunci il cavaliere per questo suo ennesimo ritorno alla ribalta, hanno approfittato delle peripezie del trentenne di Genzano per porre almeno un freno alle sicure nuove disavventure giudiziarie del nostro ex premier. Insomma, almeno temporaneamente, se le sue gufate dovessero avverarsi allora si materializzerebbero le condizioni per denunciarlo per ingiurie e minacce, ma certamente un giudice compiacente non avrebbe problemi a scagionarlo. Basterà prendere in esame le leggi emanate da Mastella, le circolari di Di Pietro, le dichiarazioni di Rutelli, le strette di mano di D’alema per capire che insomma… se le cose non vanno bene magari l’Unione se le è anche cercata….

25 ottobre 2006

Tutto fa un po’ male.

Tanti anni fa quando studiavo “etica e deontologia” durante il corso di Assistente Sanitario imparai il concetto di “giusta distanza”; ovvero il giusto e corretto comportamento professionale da tenere nei confronti degli utenti verso cui mi relaziono per compiere il mio lavoro. Consiste per lo più nell’avvicinarsi alla persona e alla sua storia con rispetto e senza pregiudizio, ma evitando altresì di considerarsi indispensabili verso di loro o di giungere ad una relazione in cui dal professionale si giunge all’emotivo, con tutti i limiti umani che questo vuol dire, si può essere senz’altro dispiaciuti se qualcosa va male nella vita dell’altro. Dopo quasi sei anni mi accorgo ora che questa “giusta distanza” io me la sono giocata per troppo idealismo. Non posso raccontare nei particolari questa cosa, diciamo solo che una Educatrice territoriale (una specie di Assistente sociale di livello più basso) è riuscita a trasferire una nostra utente dal nostro Centro per dirottarla in un altro servizio, per fare bella figura con i funzionari del Comune di Torino che avevano difficoltà a rintracciare utenza per questo altro servizio di nuova apertura. Ero molto affezionato a questa persona che lascerà il nostro centro, avevo fatto in modo che lei potesse partecipare a diverse attività educative e ad occasioni socializzanti e avevo supportato la famiglia in molte loro richieste d’aiuto. Non son riuscito a fare a meno di sentire che il mio lavoro, e dei miei colleghi, di cinque anni è stato buttato in un cesso in pochi attimi. Mi son dimenticato la “giusta distanza” e ora soffro questa separazione. Su questo punto non posso fare diversamente che ripartire da zero. Per apprezzare il lavoro che ho svolto con i miei colleghi in questi anni, non posso che decidere di prendere questa esperienza e fare tesoro di un cammino svolto da questa mia utente, avvenuto grazie ad un lavoro di èquipe serio e ponderato, un esempio per tutte le situazioni che verranno. Ma fra un po’. Adesso ho ancora bisogno di sentirmi bruciare addosso questa delusione. Per non dimenticare il mio errore di sentirmi responsabile di una vita altrui oltre il giusto limite.
Uscendo da lavoro oggi ho infilato nell’autoradio una cassetta di un concerto degli Afterhours, son così partite le note di “Tutto fa un po’ male”, che dice:
…perché vivere è reale,
ma vivere così,
non somiglia a morire?
E forse fa un po’ male
Ma tutto fa un po’ male….”


Adesso vado a vedere come sta mio padre che mi ha chiesto di comprargli l’acqua Lurisia e La Stampa (è proprio tanto piemontese lui…), poi vado allo stadio a vedere Torino-Fiorentina. Bene ho bisogno di gridare.
3 Centesimi

Oggi l'operazione di mio padre è andata bene. Adesso sono più sereno. Era davvero una cosa da niente, o suppergiù, era solo che in questo periodo in cui il clima familiare è appesantito da tante sventure, anche le piccole cose ti danno un po' di preoccupazione. Comunque è stata una lunga giornata, così ne ho approfittato per leggermi, durante la presenza di mio padre in camera operatoria, di alcuni documenti del sindacato sulla finanziaria; davvero interessante. Incrociando i dati irpef, addizionali e compagnia bella ho scoperto che sulla mia busta paga avrei diritto alla bellezza di 0.03 Euro in più al mese. Un piccolo moto emotivo è apparso sul mio volto e già avevo deciso di telefonare colmo di gratitudine a Padoa-Schioppa e a Montezemolo per avermi fatto così grande dono. Ma mentre ero lì che saltellavo nella stanza (zufolando in un pappagallo) ecco che il mio occhio cade su un riquadratino che non avevo considerato e che enunciava l'aumento del bollo auto per le auto non Euro 4...... Il mondo mi è crollato addosso!!!!! Monty (Montezemolo) perchè mi ha fatto questo???? Forse perchè ho una Opel e non una Fiat? Ma avevo una Panda prima.... dai non potevo andare avanti con quattro marcie e i sedili non reclinabili!!
Maledetto Neo-liberismo....
Ma cosa dovrebbero dire i tanti precari della scuola non reintegrati?
Vabbè con i miei tre centesimi al mese pago un mutuo per il bollo auto.

22 ottobre 2006

Avviso ai naviganti
Cari amici, oggi scriverò poche righe. Ho passato una serena domenica, ma da domani mi aspetterà una settimana piuttosto impegnativa. Sopratutto martedì quando mio padre dovrà sottoporsi ad un piccolo intervento, una cosa da niente pare. Ma io sono un po' ansioso. Il mio papà non è più un giovanotto, e mia madre in questi mesi è lontana per far fronte ad altri problemi familiari, a 1100 Km da casa.
Ci sentiremo quindi un po' più a singhiozzo. Ma vi penserò statene certi. A presto quindi!
Anche quando dormiamo
Anche quando dormiamo vegliamo l'uno sull'altro
E questo amore più grave del frutto maturo di un lago
Senza riso e senza pianto dura da sempre
Un giorno dopo l'altro una notte dopo di noi.
-Paul Eluard-

21 ottobre 2006

Ma la Ventura sa dov’è l’isola dei famosi?

Non conosco i dati di ascolto del reality di raidue “Isola dei famosi”, ne conosco poco anche gli intrighi e le cronache, anche se mi capita di leggere qualche titolo, sui giornali e nei tg a cui aggiungo anche qualche fugace visione di frammenti video nei miei estemporanei zapping televisivi pre-pasto. Ignoravo fino a stasera anche dove si svolgesse esattamente questo cosiddetto spettacolo catodico, sino a quando gironzolando in internet sono incappato in un articolo dal sito di Peacereporter, sito giornalistico sul tema della pace e degli equilibri internazionali (
www.peacereporter.net), dal titolo eloquente: “Il vero scandalo dell’isola dei famosi”. Proverò a riassumere il contenuto. Lo scoppio della polemica seguito all’espulsione dal gioco decretata ai danni del comico Massimo Ceccherini, per aver proferito una bestemmia in diretta, forse è davvero cosa meschina di fronte al VERO scandalo che suggerisce Peacereporter, ovvero l’organizzazione di un programma multimilionario in un paese martoriato da fame e violenza. Il paese in questione è l’Honduras dove oltre la metà della gente vive sotto la soglia di povertà, un’economia assolutamente dipendente dagli Stati Uniti e un altissimo livello di disoccupazione (la cosa è addirittura confermata dai rapporti della CIA). Nel 2002 il presidente Ricardo Maduro sviluppò gli organici di Polizia e Forze armate per contrastare la criminalità, ma questi scatenarono una serie di violenze come detenzioni di massa, violazioni di domicilio e torture. Il tutto per dissuadere la gente a riunirsi in organizzazioni sociali e comunitarie che rafforzano i contadini, dando loro coscienza di diritti e rivendicazioni; anche attraverso blitz di soldati incappucciati che distruggono e picchiano chiunque si pari loro davanti, come l’8 giugno scorso nulle comunità di Sico e Paulaya, quando in 90 unità si presentarono nelle case dei malcapitati abitanti delle suddette comunità e uomini, donne, vecchi e bambini sono stati feriti, senza alcuna distinzione. La motivazione adottata dal “XV battaglione di fanteria” riconosciuta responsabile dell’accaduto? Ricerca di ladri di bestiame e narcotrafficanti. Tra l’altro alla fine del blitz 13 contadini sono stati arrestati senza una ragione plausibile e rinchiusi nel presidio de Tujillo, a Colon. Le associazioni Honduregne dei diritti umani dichiarano che la Costituzione dell’Honduras e la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo sono diventate carta straccia e c’è davvero da credergli. Eppure, questo e tutto il resto che ogni giorno avviene laggiù viene assolutamente sottaciuto, tanto che il sito web dell'Isola dei famosi riporta informazioni minime e ferme al 2002.
Non vorrei fare bassa retorica ma mi chiedo: quanto paga la Rai al governo Honduregno (che si macchia di complicità con i metodi fascisti delle forze armate e di polizia) per girare il suo show su quella stramaledetta isola? Visto che la rai usa soldi dei contribuenti varrebbe altresì la pena che faccia sapere ai telespettatori che il “paradiso terrestre” in cui si svolge il reality si trovi invece in uno stato che è l’inferno per milioni di persone (negli ultimi 6 anni sono stati addirittura uccisi 2300 minori). O per difendere lo share si omette volentieri questa realtà?
Ma soprattutto, alla Simona Ventura, qualcuno gli ha mai raccontato tutto ciò?

20 ottobre 2006

Il destino in un nome

A mio padre il suo nome, Luciano, non piace troppo, perché, dice, glielo ha scelto una suora e lui con la religione ci ha sempre litigato parecchio. A me invece piace, forse per affetto, forse perché anche il mio migliore amico porta lo stesso nome, forse perché se avessi un figlio non mi dispiacerebbe chiamarlo così. A Napoli, negli anni ’80, diversi “scugnizzi” sono stati chiamati Diego o Armando o Diego Armando in onore dell’inimitabile (nel genio e sregolatezza) Maradona, ma nessuno di loro pare riuscire tuttora a sfondare nel mondo (sempre più malato) del calcio. Il bluetooth (il dispositivo che utilizzando onde radio fornisce un metodo standard, economico e sicuro per scambiare informazioni tra dispositivi diversi come telefoni cellulari, portatili, Computer, stampanti,
macchine fotografiche, ecc.) deve il suo nome a Harald Blåtand, ovvero re Aroldo I di Danimarca, detto il bluetooth, che unì senza colpo ferire i regni di Danimarca e Norvegia nel x° secolo d.C., insomma non usò ne cavi né cavilli. Vediamo dunque che l’usanza di chiamare qualcuno o qualcosa in onore di qualche personaggio storico ha risultati diversi a seconda del destino a cui si è deputati, ma ad ogni buon modo il riferimento a cui ci s’ispira ha sempre qualcosa di positivo, nella speranza che la propria creatura (umana o tecnologica che sia) venga baciata da un futuro radioso.
Ma la storia di Renè Matta supera il senso di tutto ciò.
Ieri Renè è stato arrestato dalla polizia in un appartamentino della periferia torinese, dove da molte settimane si era nascosto, perché ricercato per tentato omicidio. In una notte dello scorso Agosto, mentre era alla guida, con altre sei persone (un po’ stretti eh?) di una macchina appena rubata, Renè tenta di investire un senegalese che fuori da un locale notturno stava soccorrendo un connazionale investito poco prima da un pirata della strada (ma a che gente danno la patente?), fortunatamente il malcapitato senegalese riesce di un soffio a scansarsi. Tragedia evitata.
Ma la polizia riesce a rintracciare i compari di Renè, e si scopre che sono quasi tutti minorenni, i quali vuotano il sacco e indicano in lui il guidatore, che alterato dall’alcool e dall’impresa del furto della macchina, sbraitava di voler “stendere un negro”. Quasi ci riesce. Ora il giudice che ha convalidato l’arresto ha sovraccaricato l’accusa con l’aggravante della “connotazione razzista” del gesto. Ora dalla sua cella Renè Matta si dichiara pentito “ma che certamente non voleva far male a nessuno”.
Ma Renè non è nuovo a tutto ciò, pur avendo solo 21 anni, è pluripregiudicato per reati violenti come rapina, lesioni, danneggiamento, ma anche per furto e ricettazione. La sua carriera è iniziata addirittura a 12 anni con i primi scippi ai passanti del suo rione, e poi un crescendo fino a essere riconosciuto come piccolo boss di quartiere.
Immaginerete dei genitori disperati? E invece no. Anzi Renè ha incoronato le aspettative del padre. E lui stesso, ai poliziotti che l’hanno arrestato, a spiegare che il suo nome lo deve al fatto che il padre glielo ha imposto in onore di Renè Vallanzasca, perché lo considerava un tipo in gamba. Renato Vallanzasca, detto Renè, fu autore negli anni settanta
e seguenti di numerose rapine, sequestri, omicidi ed evasioni, ed attualmente sta scontando una condanna complessiva a quattro ergastoli e 260 anni di reclusione. Descritto come intelligente, spietato, sfrontato, impavido, nonostante i delitti di cui si è macchiato ha ispirato nell'immaginario colletivo, una sorta di fascino perverso, diventando il "bandito" par eccellenza degli anni settanta (da Wikipedia).
Il papà di Renè Matta è morto cinque anni fa per un overdose di eroina. Renè quindi è rimasto solo con il suo pesante fardello di un destino segnato già al battesimo, e che col senno di poi non avrebbe forse mai scelto, carnefice e vittima di una periferia degradata ai margini di una città, che vuole agghindarsi da sciantosa post-industriale, ed è in realtà meschina e disattenta.
E comunque io preferisco Luciano.

19 ottobre 2006

Ammiraglio o pirata?

Non è che io sia un fanatico delle giornate assolate, ovviamente preferisco le belle giornate primaverili a quelle autunnali; insomma dò il meglio di me col cielo terso, la temperatura mite (sui 24°C diciamo), un sole innocuo che puoi fissare, magari anche con un paio di occhiali scuri, per più di 10 secondi senza riceverne danni permanenti alla retina. Insomma un quadro climatico ben diverso da quello che si presenta oggi a Torino, dove il cielo è talmente triste che non fa altro che riversare le sue lacrime uggiose sulle nostre teste. Ma non riesco ad odiare la pioggia come magari la maggior parte dei miei concittadini fa; il motivo non sta certo, come qualcuno penserebbe, nei miei gusti musicali che di tanto in tanto virano al triste, bensì per un ricordo che mi lega alla mia infanzia.
Antefatto: quando i miei genitori mi portarono a Venezia io avevo circa sette-otto anni e passai quasi tutto il tempo sul traghetto a guardare l’acqua che s’increspava e che dalle fiancate del battello si allargava verso i gradoni della terraferma. Piazza S.Marco era smisuratamente grande e caotica per i miei gusti. Ci fermammo a mangiare una pizza al prosciutto in un dehor, io neanche la finii, mi stupivo della sterminata presenza umana attorno a me, di tutti quei giapponesi con le loro minuscole macchine fotografiche e i loro cappellini calati abbondantemente sulle fronti. Prima di tornare sul traghetto che ci avrebbe riaccompagnato alla stazione per prendere il treno per Padova(passammo tre giorni nella cittadina patavina, un record per qualsiasi turista, neanche i pellegrini che vengono per vedere le reliquie di S. Antonio osano tanto, ma i miei avevano strani gusti in senso di turismo) mio padre fu colto da un’inaspettata ventata di genialità e frivolezza (quest’ultimo tratto non è mai stato della sua personalità…) e mi chiese se desideravo comprarmi un souvenir (lui rude uomo di origini contadine aborriva certi ninnoli), io quasi fui colto da infarto da tanta inattesa generosità, allora puntai il primo banchetto pieno di cianfrusaglie (“ciapa pouver” in piemontese, ovvero prendi polvere) e senza dubbi indicai un berretto bianco con visiera blu in stile marinaresco con la scritta “Venezia” e un’ancora dorata poste al centro. Tornai non solo a Padova, ma anche a Torino, col mio trofeo ben saldo sulla testa.
Fatto: non ce n’era! Quando pioveva la mia mamma non ne voleva sapere di lasciarmi andare ai giardini a giocare a pallone. Così non mi rimaneva che inventarmi qualcosa da fare nel minuscolo appartamento in cui vivevamo. Fu così che in una di queste circostanze andai a rimestare tra i miei vestiti e mi ritrovai in mano il berrettino acquistato a Venezia. Colpo di genio! Calzato il copricapo da marinaio e infilato un giubbino impermeabile, mi misi sul balcone e iniziai a fantasticare di essere il comandante di un vascello in preda alla tempesta, e ordinavo a destra e a manca di spiegare vele, virare a tribordo ed altre idiozie a caso che mi capitava di proferire. Mi divertivo. Lo feci e rifeci tutte le volte che mi andò; a volte ero il comandante Nelson e a volte ero il pirata Barbanera, dipende da come mi girava. Bah! Forse ero un po’ solo. Ma almeno ricco d’inventiva. Poi comunque arrivai all’età in cui i giochi di fantasia vengono riposti in un cassettone della memoria, buoni da rievocare quando ti vuoi fare tenerezza.
Mi è simpatico quel bambino a cui piaceva l’avventura. È un po’ tanto cambiato, ma ogni tanto si ricorda di come era bello farsi bastare la pioggia per divertirsi.