29 dicembre 2006

Bye bye 2006

E così anche il 2006 sta per concludersi.
Lo dico senza particolari rimpianti.
Certo niente di apocalittico, ma comunque poche cose piacevoli da ricordare.
Non vi tedierò con i miei piagnistei personali, non perché penso che chi si confida su blog sia un debole, tutt’altro, e io stesso ne ho fatto ricorso, ed è stato alquanto terapeutico. Piuttosto, ultimamente, vivo certi aspetti della mia vita in modo strettamente intimo. Mi piace più che altro scrivere di grandi discussioni, di temi di grande respiro, con toni a volte ironici, a volte accigliati, a volte preoccupati, a volte distesi, a volte interrogativi. Per cercare di capire, semplicemente.
Stanotte Torino, o almeno il lembo di città in cui vivo, è inabissata in una spessa nebbia. Non mi piace uscire con questo tempo, men che meno guidare. Allora sarebbe la serata giusta per leggere un noir d’autore, sentire di sottofondo i Gotan Project, tenere una bottiglia di amaro e un bicchierino a portata di mano.
O fare l’amore. È sempre un buon momento per fare l’amore. Sinceramente è l’unica cosa che mi fa sentire veramente pulito in questo mondo. In questa vita.
Posso esprimere un auspicio per il 2007?
A volte mi capita di sentire certe persone fare certi discorsi su certi temi di attualità che mi lasciano decisamente basito, poiché finiscono in improperi del tipo: “quelli lì li metterei tutti al muro!”.
Quelli lì sono altre persone facenti parte del genere umano e, a seconda dei casi, e a seconda degli interlocutori, rispondono alla tipologia di: Immigrati, Palestinesi, Israeliani, omosessuali, comunisti, anarchici, squatters, spacciatori, barboni, prostitute, atei, terroni, capelloni, alcolizzati, zingari, tossici, schizofrenici, alienati, poveri, saltimbanchi di strada… Saddam… vabbè pare che x quello ci siano riusciti… chissà che bella spirale di vendetta si aprirà adesso… tra l’altro hanno calcolato che i morti militari americani in Iraq hanno superato i morti civili dell’11 Settembre 2001… proprio un bell’affare…
Ecco io vorrei soltanto che non mi capitasse più di sentire certi discorsi nelle mie orecchie. Che le persone non si esprimano più così e non abbiano certi sentimenti forcaioli. Chiedo troppo?

“Concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio per cambiare quelle che posso e la saggezza per riconoscerne la differenza”. (preghiera Cherokee)

26 dicembre 2006

Italiani… brava gente?
Tra i vari luoghi comuni sulla nostra nazione uno dei più noti è che siamo “un popolo di santi, navigatori e poeti”.
Sicuramente la cosa era riferita a quell’epoca storica in cui, pur essendo un paese amministrativamente e politicamente suddiviso in staterelli retti da nobili per lo più di stirpe straniera, sfornavamo frotte di alfieri del clero, fortunati ed inconsapevoli scopritori di continenti, e fini letterati sostenuti da generosi quanto ottusi mecenati. Ora che i Papi possono pescare nei cinque continenti i candidati all’aureola, da reali pii missionari ai martiri dell’evangelizzazione e dei sistemi totalitari, da frati pugliesi analfabeti dotati di stimmate di ordinanza a creatori della finanza vaticana, ora che gl’italiani possono al massimo per lo più navigare su internet o se si mettono in marcia lo fanno verso le mete di villeggiature in agosto e intasano la Salerno – Reggio Calabria, ora che abbiamo sostituito le barzellette di Totti alla Divina Commedia, Tiziano Ferro a Pier Paolo Pasolini, “Amici di Maria de Filippi” ai caffè letterari, ora siamo fuori tempo massimo per rifarci una fama di santi, navigatori e poeti.
Attualmente penso che ci calzi un po’ meglio la citazione di Winston Churchill che diceva che “Gli Italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre”.
Poi c’è quell’altro famoso detto “Italiani Brava gente”.
Un mito. Inteso come mistificazione della realtà. Tutto ben documentato nel libro di Angelo Del Boca “Italiani brava gente?” in cui vengono narrate edificanti episodi d’italianità. Si va dalle ingiustificate stragi compiute durante la cosiddetta "guerra al brigantaggio" alla costruzione in Eritrea di un odioso universo carcerario. Dai massacri compiuti in Cina nella campagna contro i boxer alle deportazioni e agli eccidi in Libia a partire dal 1911. Dai centomila prigionieri italiani lasciati morire di fame in Austria, durante la Grande Guerra, al genocidio del popolo cirenaico fino alle bonifiche etniche sperimentate nei Balcani. Acqua passata? Non direi. Apprendo (dal sito di Peacereporter) che secondo un rapporto dell’Unicef pubblicato ieri a Nairobi che siamo (col 18%), assieme a tedeschi (14%) e svizzeri (12%), ai primi tre posti per il favoreggiamento della prostituzione minorile nelle regioni costiere del Kenya. Un problema difficile da sradicare, perché alimenta una fiorente industria che frutta al Paese decine di milioni di dollari all’anno. Le ragazzine Keniote, provenienti dalle regioni interne del Paese, in alta stagione riescono a guadagnare fino a 80 dollari a notte. Una somma notevole, con cui riescono a mantenere parte della famiglia. Per questo spesso le ragazze sono spinte dagli stessi genitori a intraprendere l’attività, poi, una volta arrivate a destinazione, vengono “reclutate” da agenti specializzati che le indirizzano nei locali notturni e favoriscono l’approccio tra le ragazze e i clienti stranieri. Comprensibile che, in un quadro del genere, le attività di recupero delle ragazze portate avanti da associazioni e Ong locali si rivelino una goccia nel mare. A livello repressivo la situazione non è migliore, visto che i pochi turisti che finiscono nelle maglie della giustizia riescono a cavarsela con sostanziose mazzette elargite a giudici e poliziotti. Come si vede gl’italiani sanno far muovere l’economia nei paesi africani.
Proprio vero. Italiani brava gente. Ma non tutti. E forse sempre in meno.

22 dicembre 2006

Letterina a Babbo Natale.


Caro Egregio Illustrissimo Babbo Natale,
sono Maurone e ti scrivo per chiederti alcuni doni visto che siamo quasi arrivati al fatidico 25 Dicembre. Il giorno dell’anno dove siamo tutti più buoni e dove le brave persone come me sono sicure di poter ricevere le famose strenne natalizie tante agognate da almeno un anno. Ti sorprenderà sapere che non ti domanderò l’arrivo di nessun prezioso pacco sotto il mio albero, quindi niente I-Pod, niente felpa della Nike, nessun jeans di Dolce&Gabbana, nessun dvd quadruplo di Nick Cave, nessun cestino natalizio aziendale. Vorrei invece che tu esaudissi alcuni miei desideri, portando alcuni doni ad altre persone. Te l’ho detto sono uno buono. Ed ho sempre creduto in te! Per te sono anche incappato in brutte figure, come quella volta che credevo di aver riconosciuto la tua effigie in un foto appesa in una cornice in una grossa stanza ed ho esclamato davanti a tutti “Ma questo è Babbo Natale” ed i compagni della Casa del Popolo mi volevano linciare perché con la foto di Carlo Marx non si scherza…..
Per questo ed altri motivi volevo sottoporti la mia lista di richieste. Pronto? Allora si parte.
Per favore Babbino Natale porta a Romano Prodi una busta paga di un lavoratore dipendente di medio basso livello così che capisca che non c’è solo Montezemolo d’accontentare in finanziaria; a Silvio Berlusconi manda un vestito adatto alla sua statura politica, il costume di Sbirulino dovrebbe andare bene; a Flavio Vento ed alle altre “pupe” della tv porta un neurone, così che quello che già hanno non si senta troppo solo; ai psicanalisti-tuttologhi perbenisti che siedono nei talk-show porta un figlio gay che si fa le canne e che va in giro con la maglietta con su scritto “W la Franzoni”, a Francesco Totti porta un vocabolario ed uno che glielo legga; al Papa porta un accendino, perché è l’unico simbolo della modernità che può gestire; ad Elisabetta Gardini dona un bagno tutto suo alla Camera, ma dicci dove lo metti così la muriamo dentro; a Vittorio Emanuele di Savoia regala del Viagra scaduto che gli faccia fare delle figure di merda colossali, a Piero Fassino suggerisci di dire qualcosa di sinistra, fosse mai che ci si strozza; omaggia di una “pistola fumante” Gorge W. Bush cosicché possa bombardarsi da solo; alla Simona Ventura procura un contratto in una televisione islandese, cosicché ce ne possiamo liberare.
Beh per adesso può bastare, avrei voluto chiederti la pace nel mondo, la fine della violenza sulle donne, la cessazione della fame nei paesi poveri, un lavoro dignitoso per tutti, ma lo so…. Tu non fai miracoli…. Non sei mica la befana!

19 dicembre 2006

Porta qualcosa al Pd.
Fassino porta le bocciofile dell’Arci e quelli che arrostiscono le salamelle alla festa dell’Unità, Rosy Bindi convincerà a venire le perpetue dei preti del Nord-Est, Walter Veltroni metterà sù i cd di De Gregori e Venditti e i film di Bombolo, Ciriaco De Mita invece ha pronti un tot di container dei ex terremotati dell’Irpinia, Livia Turco cucirà le nuove bandiere per le manifestazioni con il filo di sutura degli ospedali grazie ai ticket sul pronto soccorso, per i sigari ed il tabacco da pipa ci pensa Franco Marini, ma sarà Pierluigi Bersani che distribuirà le nuove tessere di partito (con cui fare anche la spesa alla Coop!!!), la Paola Binetti ovviamente distribuirà le bibbie e preservativi bucati presi in Vaticano, Sergio Cofferati offrirà dei caterpillar con cui è solito dirimere le questioni a Bologna, Arturo Parisi ci tiene ad essere quello che offre il mirto fatto dalla Brigata Sassari in caserma, il ministro del lavoro Cesare Damiano assumerà dei precari sessantenni per l’attacchinaggio dei manifesti, con Pierluigi Castagnetti si parlerà dei bei tempi che furono, Luciano Violante penserà a riabilitare qualche compagno che ha sbagliato, l’indirizzo filosofico lo darà Massimo Cacciari a bordo di una gondola, il tocco glamour è di competenza di Giovanna Melandri che metterà sù un tailleur intonato, poi ci sarà il tappeto rosso che Francesco Rutelli srotolerà perché porta Montezemolo, invece Massimo D’Alema porta solo se stesso, perché è pieno solo di quello..
Infine, al gran pout – pourri del Partito Democratico, Romano Prodi porterà con se un rosario ed un corno regalatogli da Rosa Russo Jervolino, ne ha bisogno…

16 dicembre 2006

24 minuti

A rieccomi!
Stamane son di nuovo sbarcato a Torino in arrivo da Taranto. È stata una settimana molto intima, con alti e bassi, ma preferisco lasciarmi dentro le emozioni e le sensazioni di questi giorni passati con le persone che amo…
Vi ringrazio per tutti i messaggi che mi avete scritto nel precedente post, siete stati molto affetuosi.
Certo, che guardando a questi giorni, di argomenti di cui parlare ce ne sono a bizzeffe!
Finanziaria, caso Welby, pacs, guerra civile in Palestina, lo sciopero delle firme dei giornalisti tv e di carta stampata, il fenomeno dei Cinepanettoni(ovvero quei film commedia che spopolano a Natale con protagonisti i Boldi, i De Sica Christian, i Bonolis, con starlette varie di supporto), insomma tante occasioni di discussioni di contenuto drammatico…

Ne scelgo uno che mi sta particolarmente a cuore, ovvero, la terrificante agonia di Angel Nieves Diaz.
Come penso avrete letto e sentito ai telegiornali, l’altro giorno si è svolto nel carcere di Jacksonville, in Florida, l’esecuzione del 55enne Angel Nieves Diaz, originario del Portorico, ed in carcere da 27 anni per l’omicidio di un gestore di un locale notturno. Fino all’ultimo, persino sul lettino del carcere dove gli è stata somministrata l’iniezione letale che avrebbe dovuto ucciderlo rapidamente, Angel Nieves Diaz si è dichiarato innocente ed ha criticato le modalità processuali che l’hanno condannato a morte. Ad assistere all’esecuzione, come di consuetudine in Usa, 25 testimoni, compresi alcuni parenti del condannato. Sotto i loro occhi si è consumato una scena aghiacciante, dopo che Angel è stato legato al lettino, gli sono stati infilati nelle vene tre aghi collegati ad altrettanti tubicini, che portavano rispettivamente ad un flaconcino di sedativo, ad uno di liquido paralizzante ed uno di veleno letale. Normalmente (mi fa ribrezzo usare questa parola in questo contesto) la procedura si svolge in un tre minuti, senza presunte sofferenze da parte del condannato, ed invece questa volta non tutto è andato come si credeva, il sedativo non ha funzionato ed il veleno ha lentamente fatto il suo decorso, Angel quindi ha iniziato ad avere convulsioni, senza possibilità di parlare ma assolutamente cosciente. Tutto questo per 24 lunghi ed agonizzanti minuti. L’intervento di un medico che ha somministrato altro sedativo e veleno ha permesso ad Angel di perdere i sensi, così ché, dopo 10 minuti, Angel è spirato.
Il governatore della Florida, Jeb Bush (fratello di Gorge W., e dico tutto…), assicura prima che l’esecuzione si è svolta regolarmente, e gli inconvenienti avvenuti dipendono solamente dalla malattia del fegato di Angel che ha reso difficile l’assorbimento dei veleni. Poi sbugiardato dagli stessi medici del penitenziario, che si sono accorti che la lunghissima agonia è stata provocata da un ago che «non è riuscito a trovare la vena» e dunque non è stato capace di mettere in circolazione il cocktail velenoso a base di barbiturici e paralizzanti che avrebbe dovuto ucciderlo in pochi secondi; così il figlio di un ex presidente degli Usa e fratello di quello attuale, e qualcuno dice lui stesso futuro erede della carica (ma che è una monarchia….???), ora ha deciso una sospensione di tutte esecuzioni almeno fino a che un'apposita commissione non avrà completato l'analisi su questo sistema di esecuzione. Decisione accolta dal futuro governatore Charlie Christ, anche lui repubblicano, che ha annunciato che rispetterà la sospensione delle esecuzioni dall'inizio del suo mandato (in vigore dal prossimo gennaio) e fino a che la commissione non avrà presentato il suo rapporto.
Non voglio declamare l’innocenza di Angel Nieves Diaz, non ho la più pallida idea se lui sia stato o meno il vero assassino di quel gestore di bar, anche se mi rende perplesso sapere che a suo carico nel processo non vi sia né una prova, né il ritrovamento dell’arma, né uno straccio di Dna, ma bensì l’unica testimonianza della ex ragazza di Angel (uhmmm state attenti a lasciarvi sempre bene con i vostri partner…). Mi fa ribrezzo saper che quella che si definisce la democrazia più potente del mondo uccida barbaramente i suoi cittadini con la convinzione di fare giustizia, anche se cambia poco mandarli a morire in MedioOriente, sempre in nome della democrazia, ma con una divisa ed uno stipendio. E questo vale per gli Usa come per tutte quelle nazioni che ancora considerano la condanna a morte come mezzo lecito per rendere giustizia alla fine di un processo, da Cuba all’Arabia Saudita, dalla Cina alla Turchia.
Ma cosa sarà mai mancato a questi paesi perché non si sia concretizzato ciò che è avvenuto invece per l’Europa, compresa la nostra sgarrupatissima nazione?
Possibile che la lezione illuministica dei Montesquieu, dei Rosseau, dei Beccarla non abbia oltrepassato nè l’Atlantico, né lo stretto dei Dardanelli? Né allora né oggi con internet e globalizzazione?
La pena capitale non è un diritto, ma una vendetta dello stato contro un cittadino, che utilità mai porterà? Uno stato che risolve un crimine attraverso una iniezione, una corda, una sciabola o un plotone di esecuzione è uno stato che non ha futuro. Che non finirà mai di risolvere i suoi problemi sociali e che innescherà la solita spirale in cui un povero sarà sempre il nemico di un altro povero e così all’infinito…

Ma se dimostrerò non essere la morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell’umanità.”
( Cesare Beccarla, Dei delitti e delle pene)

08 dicembre 2006

In partenza.

Care e cari bloggers com’è passata sta giornata festività? Io son stato ad un mercatino ecquosolidale dove ho preso un paio di oggettini per i regali natalizi. Ho chiacchierato con alcuni volontari della LAV e di Amref, e mi sono intrattenuto a lungo con i miei amici di Emergency, pranzando anche con Paola che ne è la coordinatrice della sezione di Torino, che mi ha spiegato del loro impegno in particolare per la creazione di un posto letto in rianimazione nell’Ospedale sudanese di Emergency di Soba, a 20 chilometri da Khartoum, il costo è di 60000 Euro, e loro ne hanno raccolto la metà attraverso i banchetti di vendita di materiale. Si sono posti questo obiettivo in memoria di una volontaria della sezione torinese da poco scomparsa. Io ho acquistato il mio bravo calendario e almeno so in che cosa vanno i miei 7 eurini.
Poi son tornato a casa ed ho iniziato a prepararmi la valigia, visto che domani, insieme a mio padre, partirò alla volta della Puglia, destinazione Statte, in provincia di Taranto, e lì finalmente riabbracciare i nostri parenti, in particolare mia madre che non vedo da Settembre, e di cui ho nostalgia (ammetto, sono un tipico italiano, pizza-mamma-e-tuttoilcalciominutoperminuto). Sarà un po’ stancante starmene queste dodici ore filate sul treno, ma ho deciso che alla edicola della stazione mi compro “il Manifesto”, “Liberazione”, “Tuttosport”, “Internazionale”, “La settimana enigmistica” e “Linus”, mi passerà il tempo leggendo, no?
In valigia ho messo anche due libri: “Lezioni di tango” di Elsa Osorio e un saggio sui “consigli di gestione di fabbrica a Torino negli anni ‘40” di Gianni Alasia. Insomma ho bisogno di spaziare tutti i terreni del sapere e dell’emozione.
Starò via una settimana, quindi ci rivedremo su queste frequenze al mio ritorno, non strapazzatevi troppo, che se no arrivate in cattiva forma al pranzo natalizio dei vostri genitori o parenti vari, dove ovviamente vi verranno regalate le solite calze di lana a rombi, o la camicia di flanella a quadrettoni o la gonna di panno verde alga smunta, o ancora come succede spesso a me, v’infileranno in mano una busta con 50 euro e la raccomandazione di usarle per mangiare e non per la droga che si fuma……. Ma in fondo a Natale, manca davvero tanto tempo….
Ciao e a presto!

“Il riso è sacro. Quando un bambino fa la prima risata è una festa. Mio padre, prima dell'arrivo del nazismo, aveva capito che buttava male; perché, spiegava, quando un popolo non sa più ridere diventa pericoloso” (Dario Fo)

06 dicembre 2006

Gian Maria Volontè

«Essere un attore è una questione di scelta che si pone innanzitutto a livello esistenziale: o si esprimono le strutture conservatrici della società e ci si accontenta di essere un robot nelle mani del potere, oppure ci si rivolge verso le componenti progressive di questa società per tentare di stabilire un rapporto rivoluzionario fra l'arte e la vita.»
(Gian Maria Volontè)

Ricorre oggi l'anniversario della morte di uno dei più importanti, bravi, amati e sensibili attori italiani, quel Gian Maria Volontè, che sfidò i canoni dell'artista nazional-popolare, e che fu l'esempio d'impegno politico e civile che diede ossigeno ad un filone che vede oggi nei Paolini, nei Celestini, i degni eredi...



Gian Maria Volontè si diploma a Roma all'Accademia di Arte Drammatica nel 1957, e si fa conoscere al pubblico lavorando per la televisione ed in teatro. L'esordio è a Milano, al Teatro Sant'Erasmo, nella stagione 1957-58, prima con Fedra di Racine, poi con La devozione della croce di Caldèron de la Barca (regia di Dranco Enriquez).
Le esperienze televisive non sono numerose, da ricordare "
L'idiota" di Dostoevskij (1959) e "Il Caravaggio", mentre in teatro recita Shakespeare ("Romeo e Giulietta", 1960), Goldoni ("La buona moglie", 1963) e il personaggio di Bartolomeo Vanzetti in "Sacco e Vanzetti" di Roli e Vincenzoni (nel 1960 e 1961, con gli Artisti Associati).
Il suo esordio
cinematografico è nel 1960 nel film "Sotto dieci bandiere" di Duilio Coletti. Magnetico interprete in film western di Sergio Leone ("Per un pugno di dollari" del 1964 e "Per qualche dollaro in più" del 1965) e in commedie ("A cavallo della tigre" del 1961 di Luigi Comencini e "L'armata Brancaleone" del 1966 di Mario Monicelli), trova la sua dimensione migliore nell'interpretare film drammatici con forte connotazione politica e impegno sociale. Da ricordare "Banditi a Milano" (1968) di Carlo Lizzani, "Sbatti il mostro in prima pagina" (1972) di Marco Bellocchio, "La classe operaia va in paradiso" (1972) di Elio Petri ed "Il sospetto" (1975) di Citto Maselli.
Molti i premi vinti: nel
1968 Nastro d'Argento come miglior attore protagonista per "A ciascuno il suo" di Elio Petri, nel 1971 con "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" sempre di Petri (che vinse l'Oscar come "miglior film straniero"), nel 1989 ancora il Nastro d'Argento come migliore attore protagonista in "Opera al nero", nel 1983 vince al Festival di Cannes il premio come miglior attore per il film "La morte di Mario Ricci", nel 1987 al Festival di Berlino come miglior attore per il film "Il caso Moro" e nel 1990 il Felix come miglior attore europeo per "Porte aperte". Nel 1991 al Festival di Venezia viene premiato con il Leone d'Oro alla carriera.
Di rilievo anche i lavori all'estero: "
I senza nome" (1970) e "L'attentato" (1973) in Francia, "Actas de Marusia" (1976) del cileno Miguel Littín in Messico e il già citato "La morte di Mario Ricci" in Svizzera.
Muore nel
1994 sul set di "Lo sguardo di Ulisse", del regista greco Theo Angelopoulos; il suo funerale sarà svolto a Velletri, dove risiedeva. Le sue spoglie riposano, come sua volontà, sotto un albero nel piccolo cimitero dell'isola della Maddalena, in Sardegna.
Verrà sempre ricordato come attore poliedrico, intenso e di grandissima forza espressiva, un gigante del
cinema italiano.

04 dicembre 2006

Buon compleanno Vecchio Cuore Granata!
Non ci voglio girare troppo sopra. Ieri il gol dell’Empoli c’era. Ma l’arbitro non l’ha visto, e di certo non apposta. Non siamo mica la juve noi. Ci è semplicemente andata bene. Cosa non proprio abituale nei cento anni del Toro compiuti ieri.
Partiamo per ordine.
Ieri pomeriggio arrivo di fretta allo stadio, sento da corso Agnelli la voce di Chiambretti che accende gli animi dei presenti all’Olimpico-Comunale (nuova e vecchia dicitura dell’impianto calcistico che in verità si chiamò originariamente come… beh ve lo lascio indovinare, era il 1934, e “lui” appariva in ogni dove con la sua mascella volitiva… vi do una mano, non era Berlusconi, ma quasi…), appena supero i controlli di rito di abbonamento e perquisa dei celerini (molto soft, non si sono neppure accorti del moschetto del mio trisavolo garibaldino che tengo come portachiavi… scherzo!), faccio in tempo a comprare una spillina del centenario del Toro, e salgo le scale che portano alla Curva Maratona, covo dei tifosi granata più sanguigni. Mi affaccio e… non vedo nulla! Non nel senso che la mia visuale mi offre il vuoto, bensì l’incontrario. Un muro umano gremisce la curva in ogni dove, per guardare in direzione del campo e capire che succede, devo arrampicarmi letteralmente sui gradini che dal primo anello portano al secondo, e farmi maschiamente largo per far sbucare la mia testa tra gli altri tifosi (alla faccia del decreto Pisanu!), appena sotto le insegne degli “Fedelissimi”, in quel momento Chiambretti (non mi sta molto simpatico, è tanto cabinotto, modo torinese per indicare i figli di papà che vivono la collina, e si atteggia a “sinistroso”, mentre riempie i suoi ristoranti di lavoratori precari), sta premiando tre arzilli signori dalle teste d’argento, sono Tomà, Gandolfi e Audisio. So che a voi son tre nomi che non dicono molto, ma a me vengono i brividi a sentirli perché sono tre reduci del glorioso periodo del Grande Torino, scampati in vario modo alla tragedia che il 4 maggio del 1949, chiuse la leggenda della squadra “che solo il fato la vinse” come si diceva allora, Tomà infatti fu ceduto in prestito all’inizio della stagione 48-49 dopo aver fatto parte della rosa titolare l’anno prima, Gandolfi era il portiere di riserva, ma un banale infortunio lo fece rimanere a Torino mentre la squadra andò a Lisbona per un’amichevole al cui ritorno si schiantò con l’aereo sulla parete della basilica di Superga, Audisio era un giovane della squadra ragazzi che giocò, segnando anche un gol, i quattro incontri del campionato di serie A, tutti vinti tra l’altro, al posto dei titolari. Lo stadio li ha accolti con un grido inequivocabile: Campioni, Campioni! Poi è toccato alla passerella di 100 ex-giocatori del Toro a partire da Enrico Annoni, detto Tarzan, ruvido quanto efficace stopper degli anni ’90, idolo della curva per i suoi modi arcigni, al pari di un altro festeggiatissimo terzino, Pasquale Bruno, detto ‘o Animale, che in un derby contro la Juve dovette essere portato fuori di peso da Lentini, dal massaggiatore, da 12 carabinieri, da 23 volontari della croce rossa, 8 controllori del bus, 3 preti esorcisti, 2 boy-scout e mio zio che passava da lì. Motivo? Contestava l’arbitro per una espulsione. Elencare tutti i nomi sarebbe troppo lungo, vi annoiereste, e tra l’altro non me li ricordo tutti. Sappiate che le ovazioni più sentite se le sono beccate alcuni idoli come Marco Ferrante, Ruggiero Rizzitelli, Nestor Combin, Aldo Agroppi, Giacomo Ferri, Massimo Marazzina, Eraldo Pecci, Luca Marcheggiani, Roberto Rosato, Cesare Maldini, Rafael Martin Vasquez, Claudio Sala, Renato Zaccarelli, Ciccio Graziani, Natalino Fossati, Beppe Dossena, Angelo Cereser, Dennis Law, Pietro Mariani e gli ex allenatori Gustavo Giagnoni, Camolese, Gianni De Biasi e ovviamente gli ultimi due ad apparire sul palcoscenico messo a centrocampo: Leovegildo Lins Gama detto “Junior” e Paolo Pulici, il primo è stato uno dei calciatori brasiliani più forti di sempre, e sicuramente la stella verdeoro, al pari di Zico, degli anni ’80, che in tre stagioni al Toro fece ballare la samba a tutta la Torino granata, l’altro…. Paolino è con 171 gol in 433 partite il cannoniere più prolifico in maglia granata, oltre che uno dei più presenti col club, grande anima granata, torna spesso a giocare partite benefiche con la maglia delle vecchie glorie, amatissimo dai tifosi (vi basti pensare che Sergio Berardo, il leader della band folk-rock dei Lou Dalfin, suona spesso con una ghironda autografata da Paolo Pulici). Appena prima di loro sono stati premiati i parenti di Valentino Mazzola, capitano del grande Torino, Gigi Meroni, formidabile ala destra e personaggio anticonformista (ascoltava jazz e Beatles, dipingeva, vestiva stravaganti abiti disegnati da lui stesso, conviveva in una mansarda con una donna già sposata, cose anche normali oggi, meno nell’italietta degli anni ’60, morì investito il 15 ottobre 1967, mentre usciva da un bar), Giorgio Ferrini ,amatissimo capitano che giocò nel Toro dal 1960 al 1975, collezionando 443 gare (di cui 405 in serie A e 39 gol), giocatore con più presenze ufficiali con la maglia granata, anche lui sfortunatissimo (morì l’8 Novembre 1976 a soli 37 anni, pochi mesi dopo il suo ritiro, da allenatore in seconda del Torino nell'anno in cui i granata tornano, ironia del destino, a cucirsi lo scudetto sul petto) e Orfeo Pianelli, presidente del Toro dal 26 febbraio 1963 al 21 maggio 1982, l’ultimo a conquistare uno scudetto.
Poi foto di gruppo, camminata lungo il perimetro del campo, con omaggio alla curva Maratona, applausi, commozione, slogan, ecc…
Poi la partita con l’Empoli, io scendo e riesco a mettermi tranquillo a metà quasi del primo anello, posso vedermi abbastanza da vicino i giocatori, e inoltre posso ricongiungermi con i miei amici. Niente di chè il match, le difese chiudono ogni spazio, un paio di buone occasioni per noi e per loro nel primo tempo, un paio di tiri fuori di Abbruscato (ma quando si deciderà a buttarla dentro in serie A?) nel secondo tempo, poi il gol empolese non visto dall’arbitro e all’88° il tiro di Comotto che finisce dritto sotto l’incrocio dei pali. E io che salto come un pazzo insieme a Luca, Alessandro, Manuela, Fabio e Nando e agli altri 22662 cuori granata che sono lì a godersi un’indimenticabile domenica. Vinciamo 1 a 0, soffrendo come matti, ma siamo il Toro, e ci va bene così.

Se siete arrivati alla fine di questo post allora dovete per forza beccarvi anche il coro finale che fa:

Là dove andrai… sempre saremo
Questa bandiera…. mai lasceremo
Quella granata…. È la tua gente
Che ti accompagna… e tifa da sempre
COL CALOR!! COL CALOR!! COL CALOR!! COL CALOR!! COL CALOR!! COL CALOOOOOR!!
Sono cent’anni…. che stiamo insieme
Sei la mia vita…. Sei la mia fede
Quella granata.... è la tua gente
Che ti accompagna…. e canta da sempre
TORO ALÈ!! TORO ALÈ!! TORO ALÈ!! TORO ALÈ!! TORO ALÈ!! TORO ALÈ!!
TORO ALÈ!! TORO ALÈ!!