15 febbraio 2007

La memoria di un giorno
parte quinta
Era una mattina piuttosto calda, io e Lucia eravamo ancora alle prese con la sistemazione della casa, stavamo districandoci tra gli scatoloni, indecisi tra un divano da piazzare in salotto e un quadro di suo zio d’appendere in corridoio, con Adriano che dormiva beato nella culla accanto al nostro letto matrimoniale sfatto. Eliana suonò a sorpresa al nostro campanello, quando le aprii, la mia felicità si strozzò in gola quando mi accorsi delle rotondità inequivocabili del suo ventre. Mormorai appena un roco e confuso:
- Ma… ma Eliana, che è successo?
Mio figlio di due mesi dormiva a 10 metri da me, e io non avevo altro da dire. Dopo mi vergognai di non esser riuscito ad accogliere meglio mia sorella.
Tutti noi credevamo Eliana impegnata a lavorare come interprete centralinista in un albergo di Los Angeles, dove era sbarcata a gennaio, la sentivamo almeno una volta alla settimana, non ci aveva mai fatto capire niente di quello che le succedeva. Mi spiegò che infatti era così, almeno fino ad un paio di mesi prima, quando scoperse di essere incinta, poi vagò da alcuni amici, indecisa se abortire o no.
Io e Lucia la guardavamo imbarazzati, volevamo accarezzarla ma ci spiazzava il modo frammentario in cui raccontava i suoi accadimenti, poi una domanda ci premeva farle, senza trovare il coraggio di fargliela, ma lei ci anticipò:
- E poi… non so bene chi è il padre.
- Ma come? Come fai a non saperlo? – mi sconcertai io.
- E che ho avuto molte storie….
- Molte storie? Ma…
- No, non facevo la puttana, Ernesto, non preoccuparti, è che… insomma, a Los Angeles c’è molta libertà, artisti, gente che suona, sai com’è…
- No. Non so com’è…
Ed era vero. Lucia la conobbi solo qualche mese dopo la fine dell’obbligo di firma, in una biblioteca, me la presentarono amici, fu la prima ragazza con cui feci l’amore, anche se probabilmente, non fosse rimasta incinta un anno fa, io non l’avrei certo sposata così giovane e così vicino alla mia laurea, di sicuro il mio lavoro di collaboratore per una casa editrice non poteva certo dirsi remunerativo per permettersi anche una famiglia. E forse nelle parole che rivolsi a mia sorella c’era rabbia, preoccupazione ed anche un po’ d’invidia per la confessione di quella sua vita mondana, che io non ebbi mai.
- E comunque Ernesto, tu lo sai – continuò Eliana – io, non ho avuto mai molte attenzioni da parte dei ragazzi, non ho preso la bellezza di mamma, né la sua grazia, invece lì…. C’erano queste persone, con i loro loft, con i loro party, e i vestiti e poi… tutti curiosi di me, mi chiedevano se dipingessi o facessi l’attrice, e io dicevo di sì, mentivo, ma non troppo, perché…. ti ricordi,no? Ti ricordi che avevo fatto quel corso teatrale un paio di anni fa, dopo il diploma, quando non sapevo se andare all’Università o andare a lavorare, che poi avevamo fatto quella recita un po’ strana tutti vestiti di bianco, e io facevo le lancette di un’orologio ed ero invece vestita di nero, ti ricordi, no? Ecco lì a Los Angeles dicevo che cercavo la mia occasione ed intanto lavoravo in quell’albergo come traduttrice-telefonista, con quei turni assurdi, che poi di feste me ne ha fatte perdere tante, e io stavo bene, anche se mi spiaceva non essere venuta qui alla tua tesi, o al matrimonio, o alla nascita di Adriano, ma è che… avevo paura che se mi fossi allontanata da Los Angeles, poi al ritorno non avrei trovato più quella magia, insomma avevo paura di uscire dal giro….
Era tornata un sacco chiacchierona, anche se la mia rabbia un po’ cresceva, pari allo sbigottimento di trovarmi davanti la mia sorellina, una volta remissiva ed incerta, ora frequentatrice di altolocati giri della Pop-art americana. Gli chiesi:
- Beh, ma ora che pensi di fare?
- Ma, non so… il bambino devo tenerlo, ormai sono al quarto mese, potrei ritornare da mamma e papà, da loro c’è spazio anche per far crescere un bambino.
- Dico, ma credi che mamma e papà ti stiano aspettando a braccia aperte? Che ti dicano “Ah! Sei incinta? Toh guarda…. Vuoi l’insalata di riso stasera o preferisci del pesce?”, insomma credi che facciano finta di niente? Minimo gli piglia un accidente se ti vedono in questo stato!
- Beh allora? Mi ospitate voi?
Io e Lucia ci guardammo negli occhi, la casa non era piccola, Eliana poteva stare qui con noi per qualche settimana, ma poi?
Tacemmo a tutti il ritorno e la gravidanza di mia sorella per qualche giorno, poi invitai mio fratello Davide a casa con una scusa, appena la vide disse:
- Cazzzzzzooooo!
- Ma dai, manco mi saluti? – proruppe mia sorella.
Davide scuoteva la testa, era stato appena bocciato alla maturità, aveva fatto un sacco di assenze ingiustificate durante l’anno e andava in giro conciato come uno dei Clash con i Jeans sdruciti e le magliette bianche aderenti, i capelli impomatati sotto un basco rosso e gli stivali ai piedi. Decidemmo di tornare tutti e tre insieme dai nostri genitori quella sera, magari sarebbe stato più facile prenderli dal verso giusto, quale poi fosse non lo sapevamo neanche noi.
Ed infatti, quella sera a casa dei miei genitori, superato il primo atto di stupore per la nostra presenza, o meglio per quella di Eliana incinta tra me e Davide, mio padre esplose in un concitato attacco di collera, in cui ci urlò di tutto e di più, mentre mia madre rimase in silenzio con la bocca semiaperta, senza che un suono ne scaturisse.
Mio padre ad un certo punto inchiodò mia sorella con un:
- E si può sapere chi diavolo è il padre di questo bambino?
- Beh.. veramente – balbettò Eliana
- Il padre è uomo d’affari texano, ma che non vuole riconoscere il figlio, è già sposato. – intervenì io.
Eliana e Davide mi guardarono interrogativi, anche mio padre, che disse:
- Un uomo d’affari? Che uomo d’affari del menga!!! Ma io lo vado a scovare!!! Lo rovino!! Ha messo incinta mia figlia e poi non si prende le sue responsabilità….
- Papà è inutile, è un uomo potente, chissà magari si è già trasferito, magari è in Arizona – sparavo nomi di stati a caso, per impressionare il mio genitore – con quelli non si scherza..
- Sì, sì papà, era un uomo violento… ormai è andata così, perdonami, ma ora ho bisogno del tuo aiuto. – e detto ciò, Eliana si lasciò cadere su una sedia.
Mio padre ci guardò severo, non sapevo se stesse mangiando la foglia o meno. Avrebbe voluto ancora aggredirci verbalmente, metterci in contraddizione, picchiarci se avesse potuto, ma mia madre uscì dalla suo apparente choc, e preso per un braccio il marito, disse:
- Giovanni!! Nostra figlia ha bisogno di noi, pretendo che tu la smetta.
Poi guardando Eliana disse:
- Sapremo aiutarti, non temere. Avrei un bel bambino, sai.. io so come si fa.
- Anch’io. – dissi io.
Mio padre mi fulminò con lo sguardo, evidentemente provava risentimento per la mia paternità affrettata. Lo vidi avere un moto di rivalsa, forse avrebbe voluto avere lui l’ultima parola, quella sera, ma mia madre era già chinata amorevole e paziente sulla figlia, e mio padre desistette dai suoi propositi.
Alla fine andò come volle mia madre.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

clap clap clap.. :)))
Mi prende sempre di più!!!

Anonimo ha detto...

che bello! E' intimo come un diario privato e coinvolgente come un romanzo

tEmPhE ha detto...

ancora, ancora!
bravo bravissimo ma che sofferenza così, un tocchettino alla volta!

Maurone ha detto...

Ancora un paio di puntate e dovrebbe volgere al termine.
Sono contento che vi piaccia, ma se scovate difetti, o qualcosa vi rende perplessi, ditemelo, neh!!!!
Un bacio di buon finesettimana, io vado via, non a Vicenza, come mi sarebbe piaciuto, ma ad Imperia, al mare, a inseguire il relax che mi ci vuole

Anonimo ha detto...

che bello!... il mare..
robib.

Anonimo ha detto...

io me lo incollo tutto, su una pagina word, e poi ti dico cosa ne penso........a imperia, bagno?
andrea
www.wrong-.splinder.com

Anonimo ha detto...

mauroneeeee...fai un salto a contribuire nella casa di tutti!!!
sciau
temphe

Anonimo ha detto...

bene bene... adesso sarai tornato dal mare no? ..........
:P