06 dicembre 2006

Gian Maria Volontè

«Essere un attore è una questione di scelta che si pone innanzitutto a livello esistenziale: o si esprimono le strutture conservatrici della società e ci si accontenta di essere un robot nelle mani del potere, oppure ci si rivolge verso le componenti progressive di questa società per tentare di stabilire un rapporto rivoluzionario fra l'arte e la vita.»
(Gian Maria Volontè)

Ricorre oggi l'anniversario della morte di uno dei più importanti, bravi, amati e sensibili attori italiani, quel Gian Maria Volontè, che sfidò i canoni dell'artista nazional-popolare, e che fu l'esempio d'impegno politico e civile che diede ossigeno ad un filone che vede oggi nei Paolini, nei Celestini, i degni eredi...



Gian Maria Volontè si diploma a Roma all'Accademia di Arte Drammatica nel 1957, e si fa conoscere al pubblico lavorando per la televisione ed in teatro. L'esordio è a Milano, al Teatro Sant'Erasmo, nella stagione 1957-58, prima con Fedra di Racine, poi con La devozione della croce di Caldèron de la Barca (regia di Dranco Enriquez).
Le esperienze televisive non sono numerose, da ricordare "
L'idiota" di Dostoevskij (1959) e "Il Caravaggio", mentre in teatro recita Shakespeare ("Romeo e Giulietta", 1960), Goldoni ("La buona moglie", 1963) e il personaggio di Bartolomeo Vanzetti in "Sacco e Vanzetti" di Roli e Vincenzoni (nel 1960 e 1961, con gli Artisti Associati).
Il suo esordio
cinematografico è nel 1960 nel film "Sotto dieci bandiere" di Duilio Coletti. Magnetico interprete in film western di Sergio Leone ("Per un pugno di dollari" del 1964 e "Per qualche dollaro in più" del 1965) e in commedie ("A cavallo della tigre" del 1961 di Luigi Comencini e "L'armata Brancaleone" del 1966 di Mario Monicelli), trova la sua dimensione migliore nell'interpretare film drammatici con forte connotazione politica e impegno sociale. Da ricordare "Banditi a Milano" (1968) di Carlo Lizzani, "Sbatti il mostro in prima pagina" (1972) di Marco Bellocchio, "La classe operaia va in paradiso" (1972) di Elio Petri ed "Il sospetto" (1975) di Citto Maselli.
Molti i premi vinti: nel
1968 Nastro d'Argento come miglior attore protagonista per "A ciascuno il suo" di Elio Petri, nel 1971 con "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" sempre di Petri (che vinse l'Oscar come "miglior film straniero"), nel 1989 ancora il Nastro d'Argento come migliore attore protagonista in "Opera al nero", nel 1983 vince al Festival di Cannes il premio come miglior attore per il film "La morte di Mario Ricci", nel 1987 al Festival di Berlino come miglior attore per il film "Il caso Moro" e nel 1990 il Felix come miglior attore europeo per "Porte aperte". Nel 1991 al Festival di Venezia viene premiato con il Leone d'Oro alla carriera.
Di rilievo anche i lavori all'estero: "
I senza nome" (1970) e "L'attentato" (1973) in Francia, "Actas de Marusia" (1976) del cileno Miguel Littín in Messico e il già citato "La morte di Mario Ricci" in Svizzera.
Muore nel
1994 sul set di "Lo sguardo di Ulisse", del regista greco Theo Angelopoulos; il suo funerale sarà svolto a Velletri, dove risiedeva. Le sue spoglie riposano, come sua volontà, sotto un albero nel piccolo cimitero dell'isola della Maddalena, in Sardegna.
Verrà sempre ricordato come attore poliedrico, intenso e di grandissima forza espressiva, un gigante del
cinema italiano.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

un grande..veramente....
robibandito

Anonimo ha detto...

bravissimo attore è vero!

monaka-cinefila

Anonimo ha detto...

un volto della miseria...
and
www.wrong-.splinder.com

Goccia ha detto...

si si era davvero in gamba

Anonimo ha detto...

mi piacerebbe vederlo per bene