25 ottobre 2006

Tutto fa un po’ male.

Tanti anni fa quando studiavo “etica e deontologia” durante il corso di Assistente Sanitario imparai il concetto di “giusta distanza”; ovvero il giusto e corretto comportamento professionale da tenere nei confronti degli utenti verso cui mi relaziono per compiere il mio lavoro. Consiste per lo più nell’avvicinarsi alla persona e alla sua storia con rispetto e senza pregiudizio, ma evitando altresì di considerarsi indispensabili verso di loro o di giungere ad una relazione in cui dal professionale si giunge all’emotivo, con tutti i limiti umani che questo vuol dire, si può essere senz’altro dispiaciuti se qualcosa va male nella vita dell’altro. Dopo quasi sei anni mi accorgo ora che questa “giusta distanza” io me la sono giocata per troppo idealismo. Non posso raccontare nei particolari questa cosa, diciamo solo che una Educatrice territoriale (una specie di Assistente sociale di livello più basso) è riuscita a trasferire una nostra utente dal nostro Centro per dirottarla in un altro servizio, per fare bella figura con i funzionari del Comune di Torino che avevano difficoltà a rintracciare utenza per questo altro servizio di nuova apertura. Ero molto affezionato a questa persona che lascerà il nostro centro, avevo fatto in modo che lei potesse partecipare a diverse attività educative e ad occasioni socializzanti e avevo supportato la famiglia in molte loro richieste d’aiuto. Non son riuscito a fare a meno di sentire che il mio lavoro, e dei miei colleghi, di cinque anni è stato buttato in un cesso in pochi attimi. Mi son dimenticato la “giusta distanza” e ora soffro questa separazione. Su questo punto non posso fare diversamente che ripartire da zero. Per apprezzare il lavoro che ho svolto con i miei colleghi in questi anni, non posso che decidere di prendere questa esperienza e fare tesoro di un cammino svolto da questa mia utente, avvenuto grazie ad un lavoro di èquipe serio e ponderato, un esempio per tutte le situazioni che verranno. Ma fra un po’. Adesso ho ancora bisogno di sentirmi bruciare addosso questa delusione. Per non dimenticare il mio errore di sentirmi responsabile di una vita altrui oltre il giusto limite.
Uscendo da lavoro oggi ho infilato nell’autoradio una cassetta di un concerto degli Afterhours, son così partite le note di “Tutto fa un po’ male”, che dice:
…perché vivere è reale,
ma vivere così,
non somiglia a morire?
E forse fa un po’ male
Ma tutto fa un po’ male….”


Adesso vado a vedere come sta mio padre che mi ha chiesto di comprargli l’acqua Lurisia e La Stampa (è proprio tanto piemontese lui…), poi vado allo stadio a vedere Torino-Fiorentina. Bene ho bisogno di gridare.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

anche io quando lavoravo coi disabili non riuscivo tanto a mantenere la giusta distanza. oddio, sì. però quando me ne sono andato, sono stato preso da un grosso dispiacere...e mi passano ancora per casa...mi mancano sì...
a vedere la partita...
granata...
avevo una voglia di derby quest'anno...penso che tu abbia capito...ma vedi, io ero contento se la mia squadra ripartiva dalla terza categoria...
andrea
www.wrong-.splinder.com

Anonimo ha detto...

La delusione che hai provato denota amore e passione per il tuo lavoro.
;-)

E allo Stadio... Alè Viola, giusto??
:-)))

Anonimo ha detto...

Grandi Afterhours. Manuel è un Grande Poeta punto
Io credo che La giusta "giusta distanza" possa esistere solo nei manuali. Tu al massimo puoi farci il callo, ai dispiaceri, alle delusioni, a saluti...

Maurone ha detto...

Caro Illimus allo stadio sia alè Granata che alè Viola visto che siamo gemellati... ma preferivo che il mio Toro vincesse, ma non è capitato, vabbè alla prossima volta....
Per Banda BASSOTTI: grazie della comprensione, comunque hai ragione certe nozioni sono per lo più teorici, ma possono pur sempre aiutare.
x Andrea: so che mi capisci grazie. Forza Toro.

Vale ha detto...

Tornata, più o meno.
Bellissima la citazione.
Sai, io la giusta distanza non riesco mai a tenerla.....Purtroppo. Eviterei inutili sofferenze.